In verità dovrei usare diversa o più ampia espressione ma forse può rendere ugualmente bene l’idea.
Tralascio il fenomeno diffuso e terribile nei termini più noti che tutti conosciamo. La mia attenzione è rivolta alla tendenza di molti comuni giovani, direi non spinti da perverse o raccapriccianti attrazioni, che muovono verso località ove i costumi liberi, per cultura o condizioni economiche, permettono distrazioni e “divertimenti” che appagano il bisogno di eccessi.
Giovani mossi essenzialmente dalla voglia di sperimentare il proibito in ogni forma e sfrenatamente. Giovani che non trovano qui qualcosa di entusiasmante quanto due settimane di sesso, ubriacature e altri stordimenti. Giovani che annegano nel desiderio di scatenarsi in un contesto dove le inibizioni sono bandite. Giovani che al rientro da vacanze sopra le righe sentono ancor più forte il disagio della quotidianità e trascinano in ricordi e progetti di nuovi viaggi la loro insoddisfazione.
Li ho ascoltati e osservati. Prima con stupore, poi con curiosità, infine quasi con tenerezza. Ho percepito un malessere profondo dietro lo squallore apparente di tanto misero confine di sogno e piacere. Nei racconti e nelle confidenze ho raccolto una contraddizione e ho capito quanta lacerazione ci sia dietro quello smodato approccio godereccio e ribelle. Non è propriamente un capriccio del benessere, come diceva la signora Lia. E’, paradossalmente, un bisogno di “realtà”.
Sono giovani delusi dai rapporti umani, giovani che fanno fatica a credere nei sentimenti e nella sincerità, giovani che vedono qui un trionfo ipocrita di superficiali convenzioni di buon gusto che celano di fatto lo sbando di valori. Si tratta di ragazzi che non trovano nel sesso opposto le virtù femminili alle quali teoricamente vorrebbero anelare…Insomma di ragazzi che hanno in sprezzo “l’amore romantico” perché ritengono impossibile trovarlo, che delle coetanee di patria terra hanno terrore o fastidio.
Un quadretto desolante. D’altra parte, sia ben chiaro, dal canto loro le coetanee hanno altrettanta difficoltà ad interagire con il nuovo modello di piccoli uomini. E il problema è sempre quello che non comunicano. Ciascuno risolve a suo modo. Gli uni deviando per lidi meno impegnativi e più schiettamente “ruspanti”, le altre gingillandosi con mire di conquista di soldi e fama, guardando più il portafogli che l’anima dei cavalieri.
Ovviamente la dolcezza che in qualche modo ho provato è mista a rabbia, a sconforto, a indignazione.
Possibile che la vita arrivi loro sono come una brezza che deve essere gradevole e lontana da affanni o profondità? Possibile non abbiano in sé risorse per altre aspirazioni? Li vedo svogliati, distanti da qualsiasi passione, ripiegati su se stessi. Li vedo incattivirsi per ogni piccola avversità e non avere alcuna forza per gioire di piccole cose.
Non è affatto facile sedurli con più “nobili” battaglie, non conoscono impegno che valga emozioni e trasporto. Sembrano rifiutare il dolore, gli ostacoli, le incertezze.
Cercano l’ebbrezza dei sensi in alcune precise direzioni come se lì ci fosse l’unico senso possibile di benessere da inseguire. E in una vacanza di sesso e trasgressioni trovano grande ristoro all’ansia e alla noia.
Si, all’ansia e alla noia. Non sopportano la “tensione”, ecco. Vorrebbero intorno sorrisi, allegria, verità. E non doversi spendere per averli. Meglio risolvere con i quattrini in qualche località esotica dove finalmente corpo e testa possono immergersi a ritmo forsennato nell’euforia.
Non sono tutti così? Lo so, conosco giovani diversi da questi. Alcuni sono forti e compiono un cammino più sereno magari perché hanno alle spalle un ambiente culturalmente e umanamente più solido e vivace. Ma molti di loro vivono “ai margini”, decisamente in condizioni di isolamento… Vivono anche loro gli stessi problemi di socializzazione.
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