Ho letto i numerosi commenti al mio post Fannulloni e invalidi.
Così come ho letto sui giornali tante reazioni e considerazioni su questo tema.
Non mi piacciono i fannulloni, ripeto. Ma puntare il dito contro di loro senza processare il “sistema” che ben conosciamo e del quale facciamo parte anche accettando in silenzio non mi convince affatto. Dimenticando le radici del problema solleveremmo solo un altro polverone inutile.
D’altra parte trovo sconfortante che adesso balzino fuori le veementi accuse per certificati medici “troppo facili” o per patologie “di comodo”. Come se si alzasse sempre il coperchio a comando, quando il clamore di qualche parola o di qualche notizia facesse correre a prendere la pentola lasciata sigillata per decenni.
E naturalmente l’ironia delle malattie di “difficile verifica”, che avrebbero consentito impunemente ai fannulloni di sottrarsi al servizio, si accanisce sui disturbi psicologici o su quei dolori (al capo, alla schiena o diffusi) che il paziente riferisce e il medico non può confutare.
Questo è allarmante. Si rischia una caccia alle streghe convulsa, insensata e stupida. Si denuncia quasi una sorta di falsità a priori del disagio psicologico, senza alcun rispetto per chi versa in un difficile stato psicologico di prostrazione e afflizione reali. Poi addirittura si arriva a confondere il disturbo psicologico con conclamate e gravissime malattie psichiche. Che orrore.
Scusate se faccio fatica a credere che certe condizioni di salute o malattia non siano veramente verificabili. Vi garantisco che basterebbe osservare senza pregiudizi qualcuno, nel suo affanno e nella sua sofferenza quotidiana, per capire che non simula e non è un fannullone! Guardarlo davvero. A casa, per strada. Nel luogo di lavoro o fuori, insomma. Certe patologie psichiatriche per esempio non lasciano alcun dubbio, purtroppo.
Non ho percepito, dai commenti e altrove, grande pena per difendere i malati veri. Quelli che devono lottare per vedersi riconosciuta l’invalidità, che se la vedono riconosciuta con 250 euro circa al mese, che sono magari considerati abili al lavoro ma non lo sono e vivono di stenti, umiliazioni, emarginazione.
Perché questo accade. Si chiudono le stalle a buoi scappati. Si applica un rigore esagerato e iniquo per giudicare dei malati perché in passato troppe provvidenze sono state elargite per costruire o mantenere un serbatoio di voti senza che ci fosse infermità o patologia.
E la drammatica questione non è dunque solo il costo enorme dei buoi ormai scappati. Ma è di quei malati autentici che ora si vedono trattati con sospetto o ai quali si nega umana valutazione o per i quali si decide di non concedere alcun sostegno. Perché è facile, accidenti, usare il polso d’acciaio con i deboli quando si è riservato il guanto di velluto ai forti…
Non tirate fuori la storia delle risorse che mancano, per favore! E neanche l’insostenibile errore dell’”assistenzialismo”.
Non siamo nella giungla. In una società che vuole dirsi civile e giusta le risorse per chi ha davvero bisogno ci sono perché non esistono sprechi per i privilegiati, gli scaltri, i cinici.
Il punto è capire dove vogliamo andare. Possiamo migliorare il “sistema” con regole imparziali, buon senso applicativo, spirito culturalmente evoluto e moderno, con grande spazio per la sua umanizzazione. La vera conquista sociale sarebbe questa.
Perché un Paese che non ha a cuore la fragilità di chi è in difficoltà, per malattia o reddito, è destinato al più atroce dei cammini.
Mettiamo a nudo la situazione. Affrontiamo con coraggio le effettive cause di tante attuali disfunzioni della pubblica amministrazione. Non facciamo guerre tra i poveri o ai poveri. Proviamo ad affidarci alla gioia dell’onestà.
Smettiamola di guardare al piccolo orticello. Se proprio non ci viene d’umano istinto proteggere i malati veri, gli invalidi e i disabili che non devono essere penalizzati dalle bufere, impariamo a pensare che può capitare a noi o vicino a noi l’angosciante assenza della solidarietà giusta…Non difendiamo l’indifendibile. Solo così potremo proteggere ciò che merita tutela. E’ una questione di dignità, di uomini e di cittadini.
Ultimi commenti