Mi piaceva volare. E mi piace ancora.
Mi curvo un po’ come se fossi vecchia e fuori posto quando il costume è proprio quello che a me disgusta o non capisco. Ma l’ironia riesce a non farmi morire perché contiene la sensibilità e la speranza e forse queste armi bastano a non far morire la forza.
Mi piaceva volare. E mi piace ancora.
Vorrei chiudermi tra le righe per lasciare che la tempesta impazzi lontano e non mi ferisca. Ma alla fine mi bagno perché voglio esserci, quasi come se non fosse possibile fare un viaggio che non conosca gli ostacoli e le peripezie.
Mi piaceva volare. E mi piace ancora.
Certo mi accorgo talvolta di essere fuori e di guardare dentro qualcosa che non mi appartiene, mi sfugge, mi indigna, mi intristisce. Ho letto troppo, ho pensato troppo. Ho sognato e creduto troppo. Come se la colpa fosse mia. Come se quello che è brutto fosse solo un incubo dello sguardo deviato da assurde passioni.
Non è vero che c’è sempre un punto di equilibrio, forse.
O non è detto che umanamente si possa intuire dove e come.
Eppure l’amore riesce a non spezzare le ali. E rende ancora il vigore e la voglia del volo. Perché questo è tutto, il resto è fatica di sopravvivenza.
E per quello che affanna il respiro l’unico rimedio è sentire l’abbraccio del cuore.
Vagando per la strada incontro quella dimensione che non avrei mai desiderato conoscere, che forse mi auguravo non esistesse. Ma è lì. E tanto vale scavare per cercare di capire, dare colpi illudendosi di poterla demolire, prendere in mano qualche istante di buono se c’è, sentire la puzza per apprezzare ancora di più il profumo.
Non è che sia facile volare quando tutti ti inseguono con le lame pronte a tagliarti gli strumenti. Ma è molto più difficile rinunciare alla propria linfa e desistere.
Mi perdo in quel tuo essere un grande bambino e sento che sono davvero nell’aria, che posso ancora volare. Che comunque sia ha un valore speciale quello che avverto, quello che mi ha portato nell’azzurro del cielo.
Non è morte che separa dalla terra. E’ vita che si ostina a non sprofondare nella terra.
Mi piaceva volare. E mi piace ancora.
Se scruto tra le pieghe inquietanti di ciò che non oso considerare il senso dell’esistenza è perché serbo ancora la brama di un divenire che spezzi il maleficio. Nelle parole trovo un conforto che traduce il benessere che monta nello spirito negli istanti in cui tocco la gioia. E tu che sei la gioia non rabbuiare gli occhi. Non mollare, mai. Perché se anche bruciassimo in volo sarebbe sempre un grande momento ricordare che non abbiamo sciupato noi il sogno.
Mi piaceva volare. E mi piace ancora.
Ed è questo che rende gli istanti di gioia eterni ed infiniti. Ecco, non sono istanti, sono la musica che mi accompagna sempre.
Per questo non mi rassegno a questo spazio umano che trovo gabbia ingiusta e inospitale. Per questo lotto. Per questo alzo la voce. Per questo punto il dito. Per questo spoglio le apparenze. Per questo esprimo malessere e disappunto.
Macché presunzione di sapere. O di aver ragione. O di essere “migliore”. E’ solo bisogno di armonia, alito vitale.
Non si può amare e non amare la vita. Per quanta amarezza possa portare il cammino, è l’amore a darti fiducia.
Mi piaceva volare. E mi piace ancora.
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