Ho letto in un’intervista che Francesca Cavallin, l’attrice che ha interpretato Emanuela Setti Carraro nella fiction tv sul generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, avrebbe voluto approfondire di più il personaggio ma non le è stato possibile, vivamente sconsigliato dalla produzione infatti dare troppo spazio alla seconda moglie del generale.
Mi rivolgo a Lei, Rita, perché mi è parso di intendere che abbia manifestato una certa diffidenza nei confronti della signora Emanuela ma ben potrei indirizzare le medesime riflessioni a Suo fratello e a Sua sorella se la pensano come Lei e se effettivamente una certa difesa della famiglia Dalla Chiesa abbia indotto o costretto a prudenza nella ricostruzione filmica della vita di suo padre.
Per il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa ho nutrito sincera e profonda ammirazione quando era in vita e successivamente nelle molte letture durante i miei studi giuridici lui, come i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e molti altri caduti nella lotta alla criminalità organizzata perché lasciati soli dallo Stato, lui è stato un faro da seguire.
L’ho sentita spesso parlare di Suo padre, con affetto e grande stima. Come uomo, come padre e come servitore dello Stato. Sinceramente ho capito il Suo dolore, la Sua rabbia, la Sua desolazione. E se è vero che fu grande il sentimento che legò Suo padre a Sua madre, non stento a comprendere quanta fatica possa aver richiesto, superato il lutto, vedere lui accanto ad un’altra sposa. Per malinconia, per umano disagio, per timore.
Ma è successo. Il generale Dalla Chiesa, Suo padre, ha fortunatamente incontrato ancora l’amore e ha condiviso gli ultimi tempi della Sua vita accanto ad un’altra donna. Con ciò nulla togliendo, credo, alla memoria di Sua madre e a voi figli.
Da allora sono passati decenni. Se le parole di Francesca Cavallin sono vere, signora Rita, mi spiace rilevare che il tempo non ha restituito serenità al ricordo di una figura così speciale. Suo padre, Rita, è stato un esempio di serietà, dignità, civiltà, coraggio. Levatura morale. Ad un uomo così l’amore non può far difetto. Il secondo matrimonio non è una debolezza o una vergogna. Anzi…
Se il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa ha creduto di condividere il pericolo di quegli ultimi terribili mesi a Palermo con la signora Emanuela mi vien da credere che l’amasse, credesse nel suo amore e ne avesse grande rispetto e considerazione…Non lo pensa anche lei ?
Ricorda cosa ripeteva Falcone a proposito della scelta di non avere figli ? “Non si mettono al mondo orfani”. Sapeva che tra la sua vita e la sua morte il passo era breve. Ma non si è negato l’amore. Francesca Morvillo ha avuto la sorte di Emanuela Setti Carraro : è stata uccisa con il marito Giovanni Falcone a Palermo, rientrava da Roma con lui. Io lo ricordo bene, Rita, perché a Roma in quei giorni Francesca Morvillo era stata nella commissione per le prove scritte del concorso da uditore giudiziario e c’ero anch’io, come candidata.
Sono morte accanto all’uomo che amavano. Sono morte per la stessa causa che vedeva i loro uomini in prima linea, secondo me. Non c’è altro modo di amare uomini come quelli, signora Rita.
Il fatto che Emanuela Setti Carraro sia stata sposa solo per pochi mesi di Suo padre, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, e non abbia con lui vissuto lunghi anni e avuto con lui tre figli come Sua madre è in un certo senso un caso e una condanna atroce.
Non so quanto sminuirne l’importanza, ritagliandole nella fiction un ruolo minore, sia un atto di amore e di rispetto per quello che Suo padre è stato.
Mi creda Le scrivo con simpatia e con riguardo alla Sua ferita. Le scrivo solo perché credo che la memoria di Carlo Alberto Dalla Chiesa non stia nella famiglia intoccabile ma in un rigore e in una grandezza che non hanno bisogno di ritocchi televisivi.
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