Il titolo è un omaggio a Mario Monicelli che diresse il film di Pietro Germi, prematuramente scomparso, e poi portò al successo Amici miei atto II. E’ un omaggio a quella stagione di bravissimi attori che furono protagonisti del grande successo cinematografico. E’ un omaggio alla commedia all’italiana, comica, ironica, malinconica fotografia del nostro costume.
Potrebbe essere anche uno slancio di emozione per gli affetti preziosi della vita.
Ma è anche l’amaro riferimento a un appiccicoso vizio che non smette di caratterizzare la nostra cultura. In un’accezione meno nobile, gioviale, intensa amici miei evoca la brutta consuetudine degli agganci, dei legami d’opportunità, delle reti di palazzo.
Mi spiace la relazione, per carità chiedo sommessamente scusa, a Mario Monicelli e a tutti i più importanti esponenti della commedia all’italiana devo invece tributare proprio il merito di aver saputo leggere e fare ironia di ogni piega e di ogni debolezza…Ma vi accedo inevitabilmente, perché è stato sempre anche atto di denuncia quello di portare sullo schermo il terribile equivoco di una cultura generosamente eclettica ma strampalata e incline alla mollezza.
Mollezza è il termine più gentile che mi sovviene per non ricorrere a immoralità o terribili similari.
Il realismo di quel filone cinematografico ha contributo a smascherarci, a ridere di certe miserie borghesi, a svergognare certe grasse abitudini. Con il sorriso brillante ma anche con l’impietosa immediatezza dell’umorismo.
Forse la commedia all’italiana, almeno quella delle origini, si è spenta nelle sale cinematografiche. Ma è più che mai viva nella nostra quotidianità. Certa dissolutezza soprattutto non accenna a lasciare la nostra società, anzi. E anche in questo sta l’immortalità di certe opere, di certi interpreti, di certi maestri della pellicola. E’ doloroso che non restino solo le zingarate esilaranti…
Non so interpretare l’estremo saluto di Monicelli, ritengo solo sia doveroso rispettarlo. Magari immaginando non abbia retto all’impossibilità di non poter più essere il genio forte e attivo.
Quello che mi sconvolge di più, ad ogni nome di valore che la morte fa uscire di scena, è che mentre rotoliamo nella degenerazione non ci sia più neanche la felice e sferzante presenza di quanti sanno raccogliere il malessere e trasformarlo in capolavoro.
Grazie Mario Monicelli, un abbraccio.
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