Non voglio addentrarmi nella drammatica vicenda di Sarah Scazzi. A noi, spettatori e lettori, mancano gli elementi e sarebbe bene che lasciassimo lavorare investigatori e magistratura.
E' solo una riflessione generale. Penso all’omicidio fuori dalla criminalità organizzata, dal terrorismo, dall’ambito generale della delinquenza che può deragliare fino alla violenza estrema. All’omicidio che ha un sesso. Perché criminologia e vittimologia più che indagare su luogo e tempo del crimine sanno analizzare quella sottile, complessa, feroce dimensione dell’azione.
Non è solo la forza o la stazza dell’assassino a determinare il sesso possibile di chi ha compiuto il gesto. E’ un delicatissimo intreccio di moventi, condizioni, combinazioni. Tra istinti, ragioni, nessi c’è una traccia di elaborazione maschile o femminile del pensiero omicida.
Patologia, preterintenzione, esasperazione spesso si incrociano con situazioni ambientali e umane devastate, labili, miserabili. E le ossessioni, le contraddizioni, le furie dell’amore e dell’odio possono sconvolgere anche quel piccolo brandello di equilibrio e controllo che gli umani sembrano avvezzi a conservare anche in prossimità dei limiti culturali e sociali. D’altra parte sono proprio gli orrori a ricordarci quanto fragile sia la quiete apparente di quella che ci ostiniamo a considerare normalità…
Là dove pulsioni e freni entrano in rotta di collisione salta tutto, anche quel riferimento più o meno caldo di relazioni, certezze, affetti, riferimenti. Ma è l’universo esistenziale a essere un campo minato in fondo. Ci terrorizza ammetterlo ma sappiamo che è così. Nelle essenze di uomini e donne, nelle loro paure, nei loro bisogni, nei loro desideri c’è sempre qualcosa che può esplodere. Come nella disperazione, come nell’euforia.
C’è una sorta di lutto in embrione in certe trame, in certi vuoti, in certe debolezze. Perché tutto quello che si soffoca in legami può finire nella morsa di una vendetta, di un esercizio di dominio, di un grido di insofferenza o di sofferenza.
Ed è proprio nei meandri oscuri del percorso di un assassino che c’è quell’emotività, femminile o maschile, che fa leva con acuta, spesso lucida, determinazione. Buio e luce. Perché la mano che uccide è preda di una energia conscia e di una inconscia.
Qualche volta, lo sapete, la morte di una persona balena per un attimo come una liberazione nella mente di chi massacra. O come una giusta lezione da impartire, a qualsiasi costo. O come una lacerante difesa.
E’ difficile, molto difficile, accettare che il carnefice possa sentirsi una vittima che reagisce e si riprende la serenità eliminando l’elemento di dolore eppure è psicologicamente sostenibile, anche senza troppa fatica. Immaginate quali spinosi e tortuosi scenari possono celarsi nei sentimenti, nei rapporti umani, nei vincoli familiari…
Peraltro è spesso altrettanto arduo comprendere che ci siano uomini e donne vittime potenziali di un omicidio, quasi segnate dal destino, collocate in quella terra franosa di inquietudine, crudeltà, inconsistenza morale. Ma anche questo invece purtroppo è più che dimostrabile e dimostrato.
Siamo in un contesto terribile, tocchiamo con un dito il bene e il male, la connessione micidiale tra dedizione e repulsione, la slabbratura latente tra trasporto e disprezzo. Basta un clic. Qualcosa che fa saltare il fosso. Qualcosa che l’amore non può sopportare. Qualcosa che la gelosia ingigantisce e trasforma in fantasma spaventoso. Qualcosa che spezza il candore delle scelte di rispetto, di benevolenza, di considerazione.
Magari è un buco nero. Che non conosce rigore, che acceca di orgoglio, che manda in delirio di potenza. Uccidere vuol dire non riconoscere il valore della vita, lasciare che qualche altro fuoco arda di più del respiro e della sua ricchezza assoluta. Però questo non è percepito lì, in quei minuti di furore. Cova dentro l’assassino, allenta i suoi scrupoli, sgretola la resistenza della dignità della sua anima…
Il sesso degli omicidi è nelle pieghe di ogni tragedia. Non si legge tanto nei silenzi o nelle parole. Ma dentro il suo bagaglio, incastrato nel passato, stropicciato in qualche cassetto, nel segreto di un rancore travestito da abiti sgargianti, nel garbuglio di benessere e disagio. Ha la volontà grossolana o l’impegno malizioso, l’omicidio.
E’ raccapricciante ma si può dire che ha un cuore maschile o femminile l’omicida…
Più che annusarlo nelle modalità o nel contesto, lo valuti nei contorni, nei dettagli. E, soprattutto, nella qualità delle spinte irrefrenabili a sopprimere. Ecco, il sesso è del movente che aleggia intorno al gesto estremo.
Non è una semplificazione e non è una forzatura. Anzi.
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