Un romanzo di un acuto autore finlandese, Arto Paasilinna, che pesco quasi a caso in un’area di book-crossing, è l’occasione per una piccola esplorazione tra i miei pensieri e la baraonda che mi gira intorno.
Un ammaraggio di fortuna in un angolo sperduto dell’arcipelago indonesiano porta una compagnia di medici norvegesi, infermiere svedesi, ostetriche e taglialegna finlandesi, piloti e hostess inglesi su una spiaggia deserta circondata dalla giungla.
La generosa combinazione di lingue e inclinazioni improvvisa il soggiorno forzato sull’isola, la ricerca di un’intesa che organizzi e rallegri la vita della comunità, la trama di variegate relazioni umane e sentimentali e la strategia per lanciare uno straordinario s.o.s., forse la più grande insegna luminosa del mondo…
Arto Paasilinna narra con stile fluido l’esperienza dei naufraghi. Un’esperienza che dura molti appassionanti mesi: mesi di fatica, di scoperte, di speranze, di amore, di riflessioni. Mesi nella natura selvaggia, mesi nella natura meravigliosa. Uomini e donne che trovano la strada per vivere insieme, con l’istinto di sopravvivenza, la cultura della solidarietà, gli scherzi dell’egoismo. Gli ingredienti ci sono tutti: suspence, ironia, romanticismo, avventura. La loro civiltà è lontana e loro, nella nuova, inaspettata e sconosciuta patria, ne fondano un’altra.
Godono della nudità e della libertà improvvise. Imparano a gestire le necessità individuali e collettive con regole snelle e un ordine limpido, una portentosi sintesi di democrazia e rispetto della volontà della maggioranza. Procurarsi il cibo, difendersi dai pericoli, curarsi, proteggersi dalle intemperie, conquistare qualche opportunità di piacere sono gli essenziali bisogni e desideri per i quali è opportuno coordinare e orientare proficuamente le forze.
Senza troppe sovrastrutture, finalmente!
Senza i laccioli stretti della società “civile”, finalmente!
Con le mani, con la fantasia, con l’ingegno. Giorno dopo giorno. Fino alla felicità.
Giustizia, equa distribuzione delle risorse, benessere interiore, affrancamento dalla schiavitù delle cose e delle frenesie. Fuori dalle convenzioni, sciolti dalle apparenze, i naufraghi si scoprono arditi e vivaci.
Lavorano alacremente alla costruzione di una colossale richiesta di aiuto: qualcosa che possa essere avvistata dal cielo a grande distanza. Eppure sembra più un doveroso impegno da portare a termine che un reale e disperato sogno di essere salvati. Salvati da cosa? Da quel paradiso terrestre?
Il finale, sagace e graffiante, li vede rientrare tutti alla loro terra, alle loro famiglie, alla loro vita precedente. L’s.o.s., la più grande insegna luminosa del mondo, ha funzionato. Non sono tutti entusiasti, qualcuno resiste e tenta di sottrarsi al salvataggio, qualcuno ritornerà in seguito sull’isola.
Ma è come se per tutti il destino fosse altrove e avesse concesso loro quella scappatella eccezionale solo come una parentesi.
Ho provato ad immaginare una situazione del genere. Ho provato a pensarmi naufraga e spogliata del troppo che fa chiasso su di me…Mi è saltata in mente la decrescita felice. Mi è anche balenata l’idea della prova d’urto, quella che risveglia emozioni forti e fa usare tutta d’un colpo l’energia vitale che solitamente seppelliamo sotto orpelli, oppressioni e conformismo. Ho meditato sulla bellezza dell’essenzialità che è forse l’unica fonte vera di stimoli, di meraviglia, di lotta, di slancio. Ho sentito addosso tutto il peso delle sciocchezze che chiamiamo progresso o modernità o evoluzione.
Ho chiuso gli occhi e ho deciso: posso naufragare anche qui…E credo sia saggio e urgente.
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