Accidenti, non ho potuto scattare una fotografia.
Pazienza, tanto è facilissimo lavorare di fantasia. Prendete un’ape car, di quelle attrezzate con la vela per la reclame, immaginate una bella femmina ammiccante con la scritta Noleggiami a carattere quasi cubitali e avete inquadrato la scena.
In noleggio non è la ragazza, naturalmente. Ma lo spazio pubblicitario. Geniale e felice la promo Ape, propaganda scattante e itinerante. La conosciamo bene, appostata in qualche trafficata area di sosta o lungo una strada a transito massiccio o viaggiante per la città.
E non ci stupisce l’ammiccamento birichino. Insomma l’esca ironica del tranello immagine-parola. Noleggiami!, sembra esclamare il giovane e avvenente volto che invita in verità solo a offrire lo spazio per un cartellone su ruote.
No, non ci stupisce. Perché il corpo e la carica di seduzione delle donne sono stati utilizzati per vendere o promuovere di tutto. Non si indignano le femministe. Anzi. Sembra libertà di disporre dei mezzi donati da madre natura. E gli uomini ne godono o sfruttano adeguatamente l’occasione. D’altra parte il rovescio della medaglia è che se osi esprimere fastidio o dissenso sei quella che vuole fare la moralista da strapazzo, l’ipocrita o la bruttina invidiosa. Le donne, si sa, sono spesso le peggiori nemiche delle donne stesse.
Ma qualche donna, racconta la signora Lia, archivia la consuetudine con un sospiro: sono stupidi, siamo noi a prenderli per il naso. Ecco, le donne approfitterebbero dunque delle loro virtù per irretire gli uomini. Fanno loro credere di essere nudità e movenze al servizio del commercio e intanto raccoglierebbero soldi e consensi.
Oltre le gambe c’è di più. Ma agli uomini, scarsi di spirito, bastano un paio di quelle in buona forma e già perdono qualsiasi chance di controllo. E le donne, consapevoli di tanta debolezza, marcerebbero verso il dominio. Solo che a definire così la vicenda più vecchia del mondo qualche maschio potrebbe, spero, sentirsi mortalmente offeso. E in effetti, non so come e neanche perché, non me la sento di crederci. Almeno non in termini assoluti.
Diciamo che la kermesse è aperta. E molto variegata, forse, di motivazioni e sviluppi. E’ come il vecchio adagio “agli uomini piacciono le bionde ma sposano le more”. Le meraviglie, in altri termini, vanno bene per il sollazzo. Ma la vita si trascorre accanto a più solidi requisiti.
Peraltro non mi è dato comprendere quale sarebbe il traguardo delle furbe donne che cavalcano le manie e le fragilità del maschio guardone e facile da plagiare.
Magari è un gioco. Solo un gioco, dice l’amica della signora Lia. Di quelli dove non conta vincere o perdere ma partecipare, divertirsi. L’amore-odio litigarello, l’eterno conflitto stuzzicante tra le due metà dell’universo. Vorrei darmi pace così, convincermi. Però mi sfugge qualcosa…Qualcosa di grosso.
E intanto il costume corre su questo binario. Imbambolandoci un po’ tutti. Salvo poi le alzate di testa per urlare di parità. O, soprattutto, di dignità. Dignità, ecco. Approfondirei candidamente l’argomento se non avessi il fondato sospetto che sarei raggiunta da fulmini maschili e femminili.
Mi chiudo a riccio nel mio amletico tormento: sono una donna o un uomo?
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