Dolorosa vicenda di anni fa. Veronica Lario scelse l’aborto quando seppe che il bambino che attendeva da Silvio Berlusconi non sarebbe nato sano. Poi arrivarono tre figli: Barbara, Eleonora e Luigi.
Immagino che simili scelte siano macigni. E, qualsiasi pensiero io abbia in merito, preferisco non addentrarmi troppo nella vita altrui. E’ una decisione così delicata da levare il fiato. E’ un tormento, credo. Ma è anche una posizione, una strada, qualcosa che si abbraccia. Perché è radicale, ecco. E tocca le corde più intime e profonde.
Oggi i personaggi pubblici sono anche Veronica e Silvio, persone. Che nella memoria e nella loro storia hanno anche questa voragine. Perché di voragine in un certo senso si tratta. E chissà se è tornata e torna a fare capolino nel loro cuore. Lacerandolo. O consegnandosi alla separazione come parte del trauma.
Me lo chiedo fuori dalla voglia di gossip, naturalmente. Che sui drammi non è proprio mia natura scovare il lato intrigante, per carità. Lungi dalla morbosità, dunque. Ma vicinissima, invece, ad una riflessione di cui loro sono solo uno spunto.
Quella ferita lancinante risale ai tempi dell’amore, agli inizi del loro cammino insieme. E’ impossibile non pensare a quanto possa incidere nell’umana esistenza e nei sentimenti una complicità così enorme. Insomma è devastante un passo sofferto e duro quando i sorrisi si aprono all’amore. E può essere un’ombra, lunga e nera.
Che l’aborto di allora sia condivisibile o intollerabile è fatto della coscienza di ciascuno. E, davvero, non voglio varcare la soglia. Provo ad immaginare cosa resti, invece, dentro chi lo compie. Strazio, immagino. E convivere con lo strazio non è mai avventura facile o felice. D’altra parte immagino anche alle gioie che saranno venute dopo, alla forza di crederci ancora, all’affetto profuso per le vite che hanno visto la luce. E provo a sentire quanto abbiano potuto lenire quel vecchio male.
Davanti a quello che finisce, ai brandelli di una storia cerchiamo sempre un capo e una coda, le trame di letizia e di rottura, i risvolti delle pagine scritte e vissute. Talvolta ci accorgiamo che non c’è altro da leggere che l’amore sfumato, l’anima spezzata, gli intrecci sciolti. Insomma non ci sono i fatti. Ma le identità intere e interiori in divisione. Senza dover aggiungere spiegazioni. Senza che ci siano date, luoghi, eventi che segnino il punto di esplosione. Talvolta invece ci ostiniamo a condannare qualcosa, a cercare il movente come se ci fosse un delitto da raccontare. Ed è un’operazione estenuante quanto sterile. Perché quello che capita magari non è altro che una slabbratura già insita nel corpo, nelle parole, nello spirito.
Si sgretolano le rocce fragili, dice la signora Lia. Come i palazzi che crollano se le fondamenta non sono buone. Le fondamenta…Sono la base, ripete la signora Lia. Sintonie, ci vogliono sintonie. E nelle private tragedie qualche volta si dimentica che la cicatrice le incrina un po’, le espone alle stonature, le predispone alla debolezza.
Se non fosse raccapricciante il parallelo, potremmo dire che è terapeutico anche un divorzio, moltissime volte. O semplicemente che era già nel disegno delle stelle.
Mi scusi ma dice di non volersi addentrare in certe questioni ma allora perchè le tira fuori???Pensi a ciò che avrebbe fatto lei e non pensi a ciò che hanno fatto gli altri troppo comodo!
Scritto da: sonia | 05/05/09 a 13:44
Sonia non mi addentro nel senso che non giudico. Ho solo preso spunto dalla vicenda per una riflessione squisitamente personale. Non muovo commenti sulla celebre coppia, Sonia, mi pare molto in un momento in cui tutti lo fanno :)
Troppo comodo cosa? Cosa ne sa della mia vita non comoda, gentile Sonia?!
Un cordialissimo saluto
Irene
Scritto da: irenespagnuolo | 05/05/09 a 18:32