Le immagini mi catturano. E’ il canale di Radio DeeJay, non so il titolo del canzone e il nome del gruppo purtroppo. Ma seguo tutto il video. Donne che suonano seminude con movenze scatenate e pose molto provocanti, in un rituale di gesti di seduzione molto espliciti, quasi fastidiosamente ossessivi.
Corpi esibiti, bocche usate come esche, sguardi avidamente protesi a solleticare il desiderio. Questa è la libertà delle donne. Quella di affascinare e di indurre in tentazione, quella di sollevare passioni, quella di svegliare il più erotico dei sogni.
E quella di non essere giudicate solo per questo. Condannate per l’irriverente lascivia. O non riconosciute per tutto quello che sono e hanno oltre a un fisico da urlo della giungla.
Perché sembra questo il punto. Possono scegliere di essere oggetto di ogni impudica brama ma rivendicano il diritto di non essere biasimate e di avere sempre il telecomando in pugno. Per spegnere quando credono le proiezioni. Per togliere l’audio ai commenti. Per interrompere qualsiasi reazione a tanto veemente invito al tripudio dei sensi.
Quello che si chiede agli uomini è un rispetto assoluto. Che non ceda mai a una sbavatura, che non confonda mai anche la più indecente delle proposte con un’autorizzazione, che non osi celebrare il seno generosamente mostrato senza ricordare l’autorevole ruolo del cervello che sta un po’ più in su.
Un rispetto anche furbamente ostentato che magari sappia, anche quando sfrutta quell’armonia della natura così eccitante, fingere di ammirare ben altre qualità.
Insomma un rispetto che equivalga a un piedistallo portatile, da tenere pronto per tributare ogni onore alle signore, sempre e comunque. Il passo di danza ha più o meno questo ritmo. Solo agli uomini potenti è dato strapazzare tutto e piegare pretese e vanità al lurido gioco degli affari. Agli altri non spetta neanche l’illusione di avere qualche influenza sulla partita.
Perché la minigonna non si indossa per piacere allo specchio ma per piacere all’altro sesso. Ma all’altro sesso non è concesso più sentirselo dire, raccogliere l’ammissione e pensare per un attimo di essere il centro dell’universo. Macché. La platea è vasta, carissimi, pare sussurrino le gambe che fremono sotto il lembo di stoffa. Non è una splendida commedia interpretata per un solo spettatore. Il godimento collettivo è così stimolante che può generare qualsiasi cosa, anche uno show hard per presentare una canzone.
D’altra parte il potente elargisce in cambio qualcosa che il comune mortale non può offrire. E così anche nella carnale moina si aguzzano ingenuo e intuito. Insomma meglio abbondare con le procaci espressioni di charme quando si può fare un colpo clamoroso. In definitiva la libertà che possiamo credere svilita da quell’intreccio di sospiri, rossetti, push up e strategie può celare una bolla enorme. Come uno scherzo infinito. O una sfida praticamente destinata ad essere la vera chiave di molte porte.
La signora Lia narra dell’astuzia malandrina delle femmine. Che nutrendo assai poca ammirazione per lo scandaloso delirio dei maschi infiammati sanno maneggiare ogni arma di conquista, atteggiarsi a vanesie senza troppi neuroni in moto di pensiero, accalappiare consensi e cuori, gonfiare il portafogli con ardite performances da maniache sessuali.
Una volta, sotto tono, indulgevano a simulare sottomissione. Poi hanno atterrato il maschio per dominarlo, senza troppa grazia, con un tacco 12 rosso fuoco o in lucida vernice nera.
Ma questi sono ancora i dintorni, dice la signora Lia. Il centro è proprio l’hard. Insomma la natura è capace di stritolare l’umano intelletto. Potrebbe non essere drammatico, se servisse a non farci svolazzare tronfi di arroganze potrebbe essere una buona lezione…
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