ho letto la Sua lunga e appassionata lettera al Direttore del Corriere della Sera. Non sono la destinataria della lettera ma è evidente che il contenuto è rivolto a tutti e che un giornale è solo il mezzo di passaggio per renderla pubblica. Dunque mi permetto, come cittadina e come donna, di risponderLe.
Innanzi tutto sono lieta che Lei abbia potuto diventare Ministro perché non ritengo che le esperienze nel mondo dello spettacolo debbano precludere l’impegno politico. Lei deve essere giudicata dal Suo operato, politico e di governo. Però non posso stupirmi per le perplessità che hanno agitato molti un anno fa. E non dovrebbe stupirsi neanche Lei, Ministro.
Viviamo in un Paese dove, come ricorda nelle Sue righe, tra le fila di parlamentari e rappresentanti delle istituzioni è passato più o meno di tutto. Provati da tutto ciò e dalle pessime prove che in decenni la “cattiva politica” di tutti gli schieramenti ha dato, qualche moto di sorpresa e di dubbio potrebbe pur giustificarsi, non Le pare? D’accordo, Lei si riferisce a moti scomposti, morbosi, ossessivi. E forzandomi un po’ posso capire e riconoscerLe qualche ragione. In fondo chi vuole davvero opporsi dovrebbe avere, sempre e comunque, argomenti forti, seri, validi.
Passi quindi che gli attacchi volgari e slabbrati non siano mai da tollerare e applaudire.
Voglia però, Ministro, considerare un passo che a me non sembra del tutto irrilevante in quella che adoro definire, giusto o sbagliato che sia non me ne voglia, psicosociologia del costume e della cultura.
Ricorda Irene Pivetti prima, durante e dopo?
Ecco, in qualche modo Lei me la ricorda molto. Il dopo non è ancora arrivato, per ora il parallelo si può limitare a prima e durante. Insomma Lei ha cambiato look, sguardo, pose. Sicuramente voglio apprezzare il rispetto del ruolo quindi non ha da spiegarmi che la trasformazione è un atto di riguardo alla carica. Ma è troppo, scusi se mi permetto, è un libero pensiero sul quale se vorrà potrà riflettere. Non crede che possa aver indotto a sospetti o fastidi? Sembra un artificioso modo per calarsi nei panni del politico di alto profilo.
Non è un’accusa, Ministro. Non potrei muovergliela perché, ribadisco, potrò solo valutare le Sue azioni. E’ comunque una nota da non tacere, Ministro. Non credo volesse conquistare credibilità con le forme. Altrimenti dovrebbe parimenti ammettere che anche il Premier Berlusconi che Lei difende con veemenza avrebbe giustamente ragione di fare altrettanto. Conquistare credibilità con le forme, almeno le apparenze ecco.
Non mi è gradito, Ministro. Preferisco la sostanza, naturalmente.
Ma non nascondiamoci dietro a un dito. Tutti noi siamo sottoposti all’esame di ciò che sembriamo. Se poi abbiamo ruoli pubblici e di rilievo, ancor più. Lei ha indossato il tailleur classico, tagliato i capelli, smorzato il sorriso, tolto o attenuato il trucco. Perché? Il Premier non ha evitato, mi pare, di esporsi alle reazioni della gente quando ha usato toni da tombeur, fatto apprezzamenti (se poi sono apprezzamenti) al genere femminile e via dicendo. Inutile citare gli esempi, molti e noti.
Che si voglia credere a un macchinoso piano mediatico di condanna non è proprio corretto, Ministro. La informo che in strada, anche chi non sfiora molto i giornali e i programmi tv a lui invisi, fa gli stessi piccanti e indignati commenti di certa stampa. Come c’è qualcuno che ride e lo definisce “una macchietta”. Come sono in tanti a pensare, Ministro, che “fa bene Berlusconi a trattare così le donne, tutte oche che si sciolgono per i suoi soldi e il suo potere”. Tanti, proprio tanti. Non è bello, lo so. Non è bello per me, cittadina di questo Paese. Non è bello per le donne. Non è bello per Lei, Ministro per le Pari Opportunità.
Non sopporto le quote rosa, non sono femminista e affermo con forza e gioia nella vita la diversità tra uomini e donne. Ma questo importa rispetto assoluto della dignità delle persone, Ministro. E vorrei che questo fosse il sentimento comune.
A parer mio, Ministro, non è un complimento per Emma Marcegaglia quello di assomigliare a una velina. Non perché le veline siano brutte e cattive o non meritevoli di stima. Ma perché il Presidente di Confindustria può essere altrettanto meritevole di stima senza dover passare da simile confronto. E perché dovremmo essere sufficientemente stufe di portare addosso la disponibilità perenne a essere “lusingate” per le nostre curve.
Lei ritiene che si sia superato il limite.
Anch’io. Ma in tutti i sensi. E per colpa di tutti, Ministro.
Auspica che l’Italia diventi un Paese “normale”. Ma è un Paese “normale” quello che non sa esprimere sconosciuti capaci, onesti, preparati e volenterosi che approdino ai vertici dei Ministeri?
Gentile Ministro Carfagna, l’opposizione farebbe bene a raccontare e a proporre qualcosa di importante al “suo popolo”, a ritrovarlo e ad esserci soprattutto. E il Governo farebbe bene a difendere le sue attività, non l’indifendibile o ciò che è privato. Mi creda, Ministro, Le ho scritto serenamente. Non so proprio a chi guardare con fiducia, condivisione ed entusiasmo. Ma di una cosa anche Lei dovrebbe essere certa. Il maestro della comunicazione e delle strategie mediatiche a sinistra o giù di lì ancora non è nato. Improbabile che questa opposizione sia la vera e unica responsabile della spettacolarizzazione piuttosto indecente della politica e dei suoi protagonisti.
Se mai è responsabile di aggrapparsi agli scoop perché brancola nel buio. Ma questa è un’altra storia.
Non so se leggerà mai questa lettera, Ministro Carfagna.
Se lo farà mi auguro sappia coglierne lo spirito positivo e, me lo conceda, equilibrato.
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