La crisi che c’è, la crisi che verrà.
E’ sulla bocca di tutti. Eppure non si comprende abbastanza. Abbastanza per reagire o semplicemente per percepirne la portata in tutto il suo vigore. Nel nostro Paese d’altra parte è normale che i dintorni del botto siano vissuti così.
Il chiacchiericcio e le urla sguaiate sono consuete quanto i depistaggi. A destra e a manca gli atti di accusa e gli allarmismi sono armi di lotta come la strategia delle coperture e delle distrazioni. Ecco perché abbiamo perso la capacità e l’abitudine a vedere, ascoltare, pensare oltre uno schermo di immagini, un corteo o una pagina di giornale. Durante un bombardamento è difficile distinguere il suono del campanello di chi bussa alla porta.
Qualcuno grida al lupo a ragione, a sproposito, a tempo o senza tenere il ritmo, qualcuno si impegna a divertire o a irretire la pecorella in modo che non si accorga del lupo e degli avvisi. E intanto tutto scorre o incalza.
A questo si aggiunge un male antico: lo schieramento. Quello acritico e assoluto, comodamente granitico e placido. Che offusca la mente e impedisce il passo. Esattamente come la verità in tasca, la soluzione perfetta sul piatto. Ciascuno sceglie i suoi eroi e tutti gli altri sono imbecilli senza muscoli e levatura.
Ed è proprio così che tutti smettono di parlare tra loro. Di comunicare davvero. Nella micidiale confusione si perde il senso della condivisione, il valore del confronto, la forza dell’unione.
Mi chiedo se questo, che lungamente è stato sogno, progetto e gioia di ogni politicante, sarà ancora la chiave del potere quando la strada tremerà. Ho paura di rispondermi.
E d’altra parte ho paura anche di quel che resta di noi.
“E’ tempo di leggere la Bibbia , non i manuali di economia”, parole del ministro Tremonti. Abbiamo pensato troppo alla ricchezza e ai consumi come se dessero la felicità, è la sintesi del suo messaggio. Lo vado scrivendo da molto tempo. Ma in vista di una felicità diversa, più “umana”, dovremmo forse fermarci a riflettere un po’.
E tra seni rifatti da esibire agli occhi di una platea in delirio che insegue il mito di quel trionfo di stupidità e indecenza e qualche spettacolino di modaioli incalliti e intontiti che anelano al palcoscenico ovunque e comunque non avverto alcuna spinta intellettuale ed emotiva pronta a dare corpo e splendore a una svolta epocale.
La crisi come occasione. Ci credevo e ci crederei.
Se non ritrovassi l’occasione spalmata male tra gli slogan di tutti senza autentica tensione civile. Se non mi accorgessi che i poveri non spogliano i ricchi ma anelano solo alla loro ricchezza. Se non sentissi i ricchi dare lezioni di virtù quotidiane ai poveri. Se cogliessi fermento di passioni, scambi, meditazioni. Se non trovassi sempre ansia di potere e un nefasto attaccamento a certe convenzioni brutte e opache che ci hanno annientato anima e dignità.
Rischiamo di farci molto male nell’Europa che non c’è, tra disoccupazione, interessi e sbando morale. Forse come un boomerang ci torneranno violentemente in faccia le illusioni, le pretese, le vanità. Abbiamo rinunciato a pensare e, spesso, ad essere uomini ovvero puntini nell’universo infinito. Per scalare vette inesistenti, false e immaginarie e ignorare quelle vere. Abbiamo imboccato la molle via delle chimere facili negli appagamenti voraci del nulla.
Non è la minigonna ad aver involgarito il nostro portamento nella vita, dice la signora Lia. No. Non è neanche un’antiestetica cresta in testa tanto in voga, aggiungo io.
Neppure le labbra a canotto. O il Grande Fratello. O i muscoli gonfiati in palestra. Non è stata neanche la cocaina.
Ma l’origine di tutto questo. Ovvero il dominio subdolo dei nostri sensi: o sonno profondo o veglia forsennata. Inquietante. Altro che forze della natura. Eppure…la natura prenderà la sua rivincita e noi torneremo finalmente ad essere piccoli puntini nell’universo infinito. Non so se saremo in decollété o semplicemente nudi.
Ultimi commenti