Notizia sensazionale!
Arriva da alcuni ricercatori dell’Università della California di San Francisco. Un loro studio rileva gli affari d’oro di star del cinema pagate per fumare e quindi diffondere una marca di sigarette.
L’ho sempre saputo. Nessun scalpore, quindi. E non credo certo di essere unica, di averlo sognato, di essere stata casuale depositaria di un segreto così incandescente o di essere solo, acutamente, più arguta e più perspicace di altri.
Non è colpa del team del Center for Tobacco Control Research and Education dell’ateneo Usa che sbandiera i risultati come una grande scoperta o dei giornalisti che li mettono in rilievo con enfasi da scoop. Se ogni argomento deve essere trattato come una bomba la responsabilità è della cultura degli eccessi e dell’ipocrisia. Una notizia rincorre l’altra. E tutte devono arrivare come eventi clamorosi.
Di fatto solo le cifre esatte di quel mercato, forse, erano sconosciute. Ma la sostanza francamente non è nuova e non può destare sorprese. Tutti abbiamo visto Marlboro e Camel in tante pellicole e a nessuno è scappato ingenuamente di pensare che fossero portate alla bocca per puro gusto e scelta dell’attore. Quella è pubblicità. Punto.
E altrettanto vale per l’alcool, ovviamente. E’ meglio scriverlo prima che a qualche eminente studioso venga in mente di tirar fuori un altro scoop su qualche casa di produzione di whisky o gin che elargiva laute mance agli attori bevitori…
D’altra parte non ho ancora trovato qualcuno convinto che in tv Simona Ventura, giusto per citare un nome, si vesta con la tale griffe per suo piacere. E neanche che lo sponsor di un atleta sia mosso da mera passione per lo sport. Insomma il falso candore non regge. Di persuasione, più o meno occulta, si parla da decenni. Funziona alla grande non perché vanta esclusiva originalità ma solo perché siamo stolti e inclini alla superficialità. Ecco, diciamolo.
Se vogliamo farci abbindolare gli abili maghi della comunicazione e del messaggio diretto o subliminale hanno il cammino spianato. Non facciamo gli indignati con loro. Prendiamocela con la nostra sciocca leggerezza, per favore!
Che si usi il fascino di un attore in uno spot o in una scena sul set per promuovere un prodotto poco cambia ora. Il gioco è scoperto da tempo. Non possiamo più dire che la reclame è diretta e si presenta quindi per quello che è mentre al cinema è un raggiro…signori, è aria fritta. Il mercato è mercato. Non solleviamo scandali inutili. Qualche regoletta di psicologia commerciale ormai la conosciamo, non possiamo negarlo o dimenticarcene! Dal video di una canzone alla sit-com è tutto un susseguirsi di martellamenti propagandistici. Se non è una sigaretta è una macchina.
E questo ostinato tormentone da tonti che esclamano stupore e scrollano il capo con rabbia e disgusto non regge. Non ci fa onore e ci distrae solo dalle riflessioni alle quali dovremmo invece, lungamente, dedicarci.
Ogni cosa trita e ritrita ci viene presentata come straordinaria. E noi dovremmo chiederci perché. Per poi demolire questo agghiacciante appiattimento umano, culturale, sociale. Questo sistema in cui quattro grandi tirano i fili e milioni di burattini si muovono salvo poi, di tanto in tanto, far finta di arrabbiarsi con i burattinai. Questo sistema in cui si urla ma, quanto ad effetti, è come stare zitti. Questo sistema che si affanna ogni giorno dietro qualcosa di “nuovo” perché inventare è obbligo quanto non fermarsi a respirare, vedere, capire, memorizzare e fare tesoro.
Non ci è vietato non farsi irretire da tutto e tutti.
Ed è vivamente consigliato alzare il capo e far girare le rotelle, con i sensi desti e vivaci. Si può fumare la sigaretta non reclamizzata, boicottare la tal marca snobbandola, bere il liquore che garba al nostro palato anche se non compare sul tavolo dei vip. E se vogliamo invece lasciarci vincere dalle meraviglie che fanno i divi almeno, per dignità, facciamolo senza stizza e senza lamenti.
Fumo, alcol, moda: ai consumatori le ardue sentenze.
Colgo l’occasione per ricordare quanto sono belli i blog. Spazi per commentare, per interrogarsi, per pensare battendo sui tasti. Non per dare sensazionali notizie ma per ragionarci su…o provarci, almeno.
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