Un inviato speciale racconta la sua esperienza in Ecuador, tra vacanza, missione sociale ed esperienza umana…qui.
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Un inviato speciale racconta la sua esperienza in Ecuador, tra vacanza, missione sociale ed esperienza umana…qui.
Scritto alle 14:22 nella Solidarietà, Viaggi | Permalink | Commenti (5)
Sapevamo già prima di una nota canzone che l’Italia è il Paese delle mezze verità e anche che un testo come quello che tutti ascoltano, conoscono, cantano avrebbe trovato larghi consensi e grandi complimenti. Ironia, autoironia, leggerezza, inconcludenza. Non ci manca niente, in Italia…(e leggete in Italia fischiettando mentalmente il motivetto, mi raccomando).
Qui si possono scoperchiare pentole, spiattellare verità, scoprire ripugnanti realtà senza che a ciò consegua alcun dramma. Nessuna rottura, nessun cambiamento. La canzone ci scivola sulla pelle come le chiacchiere da bar del tipo la politica fa schifo, tutti uguali, piove governo ladro. Non si muove foglia. Anzi, ogni bocca si schiude a sorriso. Sarà pure un sorriso mesto mentre si scuote la testa in enfasi di disapprovazione e sgomento ma resta pur sempre un sorriso. Plauso alla canzone e, insomma, simpatia e ilarità generale come di fronte ad una meravigliosa caricatura, ad un’imitazione umoristica.
Povera Italia. E’ il Paese delle mezze bugie di fronte alle quali il suo popolo non fa la rivoluzione e non si risolve a smascherare e condannare, per sempre.
E così sappiamo anche che è il Paese del rovescio. Dove nella pessima efficienza e scarsissima qualità di risultati c’è sempre una marea di gente che fa più ore di straordinario di quanto siano quelle da contratto di lavoro, dove tutti lamentano quotidianamente, sguaiatamente, pesantemente che qualcosa non funziona ma se qualcuno osa metterci mano per aggiustarla viene messo al palo, dove si grida allo scandalo e si combattono a parole cancri e piaghe sociali ma guai a incidere davvero le ferite, si alzano le barricate. Dove i privilegi sono una iattura per tutti ma se li tocchi per rimuoverli o dargli una regolata la iattura colpisce te.
E’ il Paese dove non ci sono soldi ma ce ne sono tanti. E’ il Paese dove regna sovrana la contraddizione. E’ il Paese dove le ingiustizie irritano ma se ne godiamo non irritano più. E’ il Paese dove tutto ha come contrario tutto. Dove non c’è fine, insomma, al groviglio assurdo di una cultura bassa, ottusa, egoista. Dove i diari on line narrano le gesta di lavoratori stressati, sfruttati, stanchi, insoddisfatti che combattono un sistema sull’orlo del baratro che hanno contribuito a scavare. Dove non si impedisce qualcosa ma si interviene proibendola dopo che è stata abbondantemente fatta. Dove se metti le mani avanti ti insultano perché non le tieni lungo i fianchi, se le tiri indietro ti rinfacciano che scagli la pietra e poi scappi, se le metti nella marmellata tutti ti criticano per pura invidia.
Guai a lasciare la nutella in vista. Anche se è il Paese delle diete il barattolo avrebbe vita breve.
E sono stata lieve. E ho fatto il giro largo. E non ho citato orto per orto le chicche migliori del dritto e del rovescio. E non ho voluto portare esempi clamorosi.
L’Italia è il paese del rovescio. E’ sotto gli occhi di tutti. Non occorrono canzoni per farlo notare. Non c’è bisogna di calcare i toni per metterlo in evidenza.
Bastano già le urla per un panino turistico a dieci euro. E il successo di Briatore che pur concede un menu turistico al Billionaire, locale per abili e al massimo disabili doc, a duecento euro. E’ il Paese dello scandalo e del suo rovescio. Nulla fa scandalo davvero. Neanche la crisi, che fa coppia con le code per entrare in un locale dove si possano avvistare dei vip. Neanche i vip. Che non sanno se sono il dritto o il rovescio del nostro Paese.
Un bar sconosciuto, non adagiato su una spiaggia, di una località non trendy, con un gestore che magari non ha fatto neppure il Grande Fratello e men che meno L’isola dei famosi osa sparare 10 euro di conto per un panino. Non si rende conto che la Gdf per lui la chiamano di sicuro. Lui è dritto e rovescio insieme. Si crede Briatore ma non lo è.
Sui duecento euro amorevolmente chiesti da un ammiccante Briatore per l’onore di accostarsi, table to table, al fior fiore del Paese del rovescio sgraniamo occhi e spalanchiamo orecchie per mezzo secondo. Poi ci mettiamo in lista d’attesa.
Italia la la la la…Questo è il Paese dove c’è una sola verità: non vogliamo essere migliori o stare bene se costa impegno, fatica e onestà.
Scritto alle 09:38 nella Costume | Permalink | Commenti (22)
La carrellata della rubrica La battaglia dei sessi continua.
A quelli che per nulla disturbati dal lavoro d'agosto si godono qualche libertà in assenza della dolce compagna della loro vita occorre spiacevolmente ricordare che il 2008 vuole Ferragosto di venerdì. A meno che non abbiano provveduto a spedire la loro metà molto lontano da casa o possano vantare un'occupazione che non ha chiusure nei giorni festivi, lor signori devono fare il borsone e raggiungere l'adorata per il week end.
Nessuna follia di ferragosto!
Armatevi di amore e pazienza e partite. Vi aspettano intense giornate. Lei cinguetterà amabilmente sotto l'ombrellone con tutti i vicini con i quali, naturalmente, dovrete mostrarvi gentili e informatissimi: lei al telefono vi ha fornito tutti gli utili ragguagli per esserlo e voi, per quanto aveste tolto l'audio alla cornetta, non potrete darlo a vedere.
Con buona pace della voglia di appisolarvi sulla spiaggia dovrete fare conversazione con i nuovi amici di lei, prendere appuntamento per l'aperitivo, accettare l'invito per un dopo cena strepitoso in quel localino acchiappa vip aperto giusto nella stagione turistica.
Inutile borbottare. Infradito e calzoncini tanto comodi resteranno in albergo. Dopo la doccia pomeridiana il vostro look dovrà essere impeccabile. E quando a cena oserete concedervi un lauto approvvigionamento approfittando del ricco buffet preparatevi ad accettare le sfuriate di lei che vi insegna quanto siano importanti linea e bon ton.
Mi raccomando, tenete a mente che gli sbadigli serali sotto le stelle sono banditi. Il drink con i vivaci compagni deve essere una gioia vissuta con presenza garbata e spirito brillante. Dovrete cordialmente fingervi interessati al gossip locale e allargato, agli ameni racconti di viaggi esotici, ai più o meno veritieri resoconti sulla vita dei ciarlieri vacanzieri.
Questo e molto altro ancora, compresa una piccola parentesi di shopping nella botteguccia esclusiva di chicche artistiche, vi riserverà il fantastico week end.
Non siamo più ai tempi di quelle pellicole. Ma qualche copione è sopravvissuto. E si ripete, proprio così, sul palcoscenico d'agosto.
D'altra parte non avete da sbuffare e arricciare il naso. L'avete scelta voi quella splendida donna di moda e grazia, perfetta nelle relazioni sociali, adeguatamente frivola e incline alla convenzioni. E per tutto l'anno la mostrate come un trofeo ai party che accompagnano le occasioni di affari. O l'avete a disposizione quando ciabattate la sera, quando al mattino cercate la cravatta che faccia il paio migliore con la giacca, quando siete felici del profumo che compra per voi e nel quale annegate vanitosi, quando accarezzate con gusto la pelle levigata e luminosa che l'estetista le garantisce con creme e massaggi.
Suvvia, soffocate gli istinti di trasgressione e godetevi il fine settimana. Tutto sommato lo meritate, abbondantemente!
Scritto alle 11:34 nella Costume | Permalink | Commenti (24)
Adesso che i cordoni sono stretti e i portafogli leggeri qualche stilista si accorge di amare così tanto la clientela da volersi inventare linee a basso prezzo, collezioni accessibili, interi guardaroba finalmente a portata di tasche. Che noia…
Io non compro abiti griffati. E neanche capi taroccati. La logica è la stessa e tutto sono e gradisco essere tranne che una fashion victim. E poi francamente cosa vuol dire? Mi piace curare l’abbigliamento, a modo mio. Non sono assolutamente incurante delle tendenze ma le osservo e le valuto con il sorriso, un pizzico di fantasia e tanto carattere.
Io sono io. Non desidero annullarmi nel modello che indossano tutti e neanche piacere perché sfoggio la marca giusta. Originale, così solitamente vengo definita. Bene, mi calza a pennello la definizione più di qualsiasi vestito! Non è questione di stravaganza, è un fatto di gusto. Quello che infilo addosso non deve alterarmi anzi deve restituirmi intatta, come se fossi nuda come mi ha fatto mamma! E non è neanche un discorso sulla praticità, è proprio il concetto di seconda pelle, ecco. L’abbigliamento deve coprire la pelle non l’identità.
E che i signori stilisti si adeguino al mercato e alla crisi potrebbe lasciarmi indifferente se non mi risultasse francamente fastidioso il loro continuo ronzio. Devono fare capolino ad ogni costo da qualche vetrina. E se non sarà l’atelier o la boutique ben venga il supermercato! Che noia…la loro corsa ad inventarsi lo strappo giusto per fare trendy un paio di jeans. E che tristezza…la corsa di tutti ad acquistarli invece di prendere, se proprio allo strappo non si può rinunciare, un paio di forbici e tagliarne uno dei mille stipati nell’armadio.
Trovo entusiasmante scoprirmi sempre “contro” senza volerlo. Non è che guardo la moda e poi scelgo per me il contrario, per intenderci. Guardo la moda e godo del fatto che “francamente me ne infischio”. Se qualcosa mi garba, se una tendenza o un colore fanno al caso mio vi accedo con gioia altrimenti mi metto beata davanti allo specchio e mi lascio trasportare dal mio fiuto, dalle mie attrazioni, dalle mie preferenze.
Un vero gaudio questa libertà!
Sovrappongo lungo, corto, stretto e largo con una disinvoltura eccitante. Mescolo, oso. Seguo l’umore, il tempo, i momenti. E raramente, se proprio volete ridere, le circostanze! Insomma sono bravina a combinare, accostare, creare effetti…ma sono pessima quanto a coincidenze tra desideri e occasioni. Ad una cerimonia si partecipa con certi capi, al pic nic con altri, direte voi. Per me non è proprio così e devo compiere qualche forzatura, lo ammetto, per adeguarmi. Sembra che il destino mi giochi degli scherzi: ho voglia di mettermi il tailleur con tubino e camicia quando è ora di andar per campi e mi saltano addosso i pinocchietto e la maglietta sprint quando mi aspetta un appuntamento classico…Mi arrangio come posso, a qualche compromesso cedo anch’io. Basta che non sia qualche logo famoso!
Sappiate comunque che tra non molto potrebbe essere molto trendy non seguire la moda. Di necessità si rischia di fare sempre virtù.
Scritto alle 19:20 nella Costume | Permalink | Commenti (4)
Solitamente sono le prodezze amorose. Ma hanno grande peso anche le goliardate con gli amici. Bei tempi, quelli! E lei si sente la grande esclusa, quella che deve competere con chi gode del podio, la sepoltura dell’epoca d’oro.
All’inizio, con astuzia femminile, carpisce informazioni, formula raffiche di sorridenti domande e finge estasi da ammirazione del prestigioso passato. Poi, molte volte, tira fuori gli artigli. I vecchi amici? Un trastullo inutile, una parentesi da chiudere, un ricordo da rimuovere. Li smonta, pezzo per pezzo. Dando fondo a tutte le riserve di malizia scova lati negativi in tutti e li spiattella a lui come buone ragioni per cestinare i legami. Le conquiste giovanili? Tutte ragazze archiviabili. E per dimostrarlo le armi si affilano o affidandosi ai mutamenti del tempo che le hanno rese meno attraenti o facendo leva sui pettegolezzi raccolti e gonfiati con fine arte di costruzione del mostro…
Lei guadagna terreno. Si fa largo.
E lui, mestamente, china il capo.
Lo ritrovi sempre meno al bar con i vecchi compagni. E quando c’è è un pesce fuor d’acqua che si è perso sviluppi preziosi e subisce lo sguardo di pietà per essersi fatto mettere “i piedi in testa” o il collare alla gola. Non sa più chi c’è nella squadra di calcetto, non ha partecipato al brindisi dell’amico in partenza, non ha seguito le ultime vicende del gruppo e si mescola impacciato nelle conversazioni aggrappandosi ad un tempo sfumato mentre gli altri hanno macinato strada.
Se incontra una vecchia fiamma tira fuori dalla naftalina l’aria da spaccone ammiccante ma alla prima audace lusinga gira sui tacchi e fugge. Sembra avere sul collo il fiato di lei e dei suoi rimproveri. Un pulcino bagnato. Che non ha l’aria dell’innamorato sereno, quello che non cede alle provocazioni per la letizia che ha nel cuore ma dona volentieri un sorriso e una parola che celebri l’incontro…Ha il broncio tirato e confuso del cane bastonato. Vorrebbe chissà cosa ma non si risolve neanche a desiderarlo con la fantasia. Freme di paura e di sensi di colpa. Solitamente inventa un impegno che non gli lascia scampo e batte la ritirata.
A casa scorre tra le mani le fotografie della memoria, sprofonda in poltrona e finge di lasciarsi trasportare dalla tv. Solo al suo posto di comando, con i pugni che si piantano sulla scrivania, trova il piglio delle frustrazioni che cercano rivincita. E invece di brillare per qualche ora di umana socievolezza cerca l’arido splendore dei risultati per godersi un po’ di gloria.
In verità neanche di quella è felice. Gli piacerebbe un pranzo con i colleghi. Una pausa caffè di chiacchiere e spiritosaggini ma lui, tutto d’un pezzo ormai, non può l’uno e l’altra. Per la gioia e il relax gli hanno promesso lo spazio domestico e di quello deve esserne più che appagato. Con una lei così non ha bisogno d’altro, in teoria!
In pratica le vicende, si sa, vanno diversamente. E lei lo aspetta per la cena vip, il teatro giusto, il giro di shopping, la vacanza da nababbi. Ha cura di gestire le relazioni e di farlo vivere in una gabbia dorata, lei. Casa perfetta e accessori giusti. Per tutto.
Senza troppo affetto, s’intende. E non parliamo della stima! Che stima dovrebbe nutrire l’arpia per un uomo che si è fatto ridurre così?
Ecco il gatto sempre intento a mordersi la coda. Lui si è fatto plasmare dalle abili grinfie della iena travestita da principessa dei sogni. Lei, guardaroba e privilegi a parte, sfoga con le amiche il tormento della donna alle prese con uno che “dove lo metti sta”, noioso e debole. E si ritrovano tristi, entrambi. A immaginare o cercare un amante per ridare colore alla vita…
Prendetevela con uno o con l’altra, a vostro piacimento. Ma sappiate che, a parer mio, sono degni di fare coppia!
Scritto alle 08:34 nella Costume | Permalink | Commenti (4)
(Rubrica "a cavallo di ferragosto". Presentazione)
Schermaglie amorose, rumorosi silenzi, diaboliche strategie di guerra, lacerazioni e incomprensioni. Per gioco, per distanza, per inquietudine, per equivoco.
Tra affetto, attrazioni, ammirazioni e diversità la battaglia dei sessi ha attraversato il tempo intrecciandosi con il costume, accarezzando armonie, alzando barriere, scivolando su molte bucce di banana.
Nel viaggio tra le relazioni e gli equilibrismi, intrufolandoci nelle fragilità, smascherando qualche apparenza e affondando la lama in qualche piaga si sono spesso affacciate qui molte voci dell’universo maschile. Quelle che vivono il disagio di evoluzioni che sembrano aver generato la famigerata crisi della coppia e che trovano affaticata, distorta, torbida la comunicazione…quando c’è…tra femminucce e maschietti. Chiamiamoli così, usiamo un vezzeggiativo, predisponiamoci al sorriso.
Perché sdrammatizzare non è banalizzare, s’intende. E’ solo un modo per affrontare con serenità il groviglio di questo meraviglioso quanto complicato confronto.
Un incontro, uno scontro. Una partita a scacchi. O una passeggiata mano nella mano.
La battaglia dei sessi è danza, delusione, emozione, rabbia.
Sarà una battaglia a puntate. Un piccolo spazio estivo. Come le rubriche che si aprono in tempo di vacanza per far riposare altri pensieri, in tv o sui giornali. Tempo di leggerezze. Che leggerezze non sono, naturalmente. Ma siamo abituati così: a giudicare affare di vita o di morte la politica e l’attualità e a relegare in secondo o terzo piano le naturali peripezie di noi esseri umani, alle prese con i sentimenti, le amicizie, le collaborazioni professionali, il buon vicinato.
Tutti a dimenticare che questa è aria, terra, acqua, fuoco. I nostri elementi. La linfa di tutto. Bene. Fingiamo allora di prenderla come lieve divagazione d’agosto. Tanto lo spirito con il quale soffiamo dolcemente o sferriamo l’attacco o approfondiamo la riflessione in nulla ne verrà scalfito.
E allora sarebbe bello se facesse garbato e interessante capolino anche l’universo femminile. Quello che spesso parla degli uomini come specie in via di estinzione. O che li accusa come infedeli per definizione. Non che io voglia porre l’accento sulle note dolenti, anzi mi piacerebbe uscissero davvero quadretti idilliaci. Ma si sa che sono il lamento o la difficoltà o la stizza a generare più impulsi a intervenire nel dibattito!
E poi, è facile e doveroso ammettere, che quel che si vede e si annusa in giro è il segnale chiaro di un affanno e di una problematicità innegabili…
Potrei partire dal classico dei classici. Il mammone. Figura che può scatenare le ire di alcune o di molte femminucce ma che conserva al suo attivo il tenero lineamento del fanciullo.
Immaturo e viziato. O stretto nella morsa sottilmente feroce della dipendenza.
Un concentrato di debolezze, infantilismo, insicurezza. Ma anche un terribile e cocciuto nemico della donna che ha al fianco e del sano sviluppo di un rapporto di cuore.
Oppure tentare un approccio umoristico con il buon vecchio pantofolaio, altro storico personaggio del salotto armato dei sessi. Quello che si fa la tana più che la famiglia…direbbero in tante con piglio annoiato, seccato o furibondo. Ma anche il tranquillo orsacchiotto incline alle convivenze placide e stabili.
O forse mi avventurerò negli spazi più complessi e piccanti perché se vacanziero dobbiamo immaginare sia il percorso merita viste panoramiche ed esplorazione di angolini sperduti e più o meno incantevoli…
Bello sarebbe muoversi con agile bagaglio a mano. La zavorra di bauli, valigie, beauty case potrebbe risultare ingombrante. Magari a bordo mettiamo l’uomo che ieri a detto no alla promessa sposa…potrebbe offrirci uno spaccato di realtà molto interessante!
Scritto alle 09:01 nella Costume | Permalink | Commenti (8)
Non mi convince la tua posa da perenne allegro. E questa è intuizione banale…chi mai può essere sempre allegro?
Il fatto è che certo umorismo continuo, il gioco infinito della battuta, il filo della filosofia tutta ironica, quella vena spiritosa sempre pronta, quella giovialità da giostra non escono dal cuore ma dalla testa. Anche questa potrebbe essere un’intuizione banale. Ci si trastulla con lo spirito positivo e la solarità per evadere, per scacciare i fantasmi, per allentare le tensioni, per rimuovere i tormenti.
Ma la corda è troppo tesa. Il suono troppo monotono. Manca la vivacità, quella vera. Che sta nello slancio non da circo, nella profondità delle intese, nella sottile, appassionata, accattivante sintonia, nella condivisione, nel legame di piccole e grandi cose.
Ma tu volgi sempre lo sguardo al giullare. Le tue attenzioni sono tutte per quella superficie affabile e frizzante sotto la quale non c’è anima. Certo non sai che chiusa la porta e voltate le spalle non sa neanche chi sei, non ha interesse per nulla che ti riguardi, non ha neanche un sorriso in tuo ricordo. Ma in fondo neanche ti sforzi di capirlo. Preferisci stare lì, a pelo d’acqua. Bearti delle risate grasse, degli occhi civettuoli che ti incantano, di quella energia tutta studiata che si muove per irretirti.
Stai bene così.
E io non dovrei occuparmene. Potrei risparmiare risorse e destinarle a chi sicuramente anela a goderne. Ma è l’insulto alla tua intelligenza che mi rattrista. E’ quel velo che ostinatamente cali sulla tua sensibilità a non darmi pace. E’ terribile.
Parli di rapporti umani ma pratichi poi una fuga, brutta e sciocca. Una corsa a braccia aperte verso l’abile giullare che sa mostrare acrobaticamente uno spessore che non ha ti porta lontano da quello spazio meraviglioso che è il contatto autentico con teste e mondi che ti renderebbero il servizio della ricchezza, dei sensi, dell’intelletto, delle affinità.
E perdi un po’ te stesso e un’occasione, splendida, di vita. Ti sfuggono le emozioni, le sfumature, le ricerche, le vibrazioni intense di altre anime. Egualmente giullari, talvolta, ma in pienezza e autenticità. Quelle che hanno dentro il brio schietto, la malinconia più struggente, il dolore lacerante. Scherzano davvero, loro. Senza forzature. Perché hanno i tempi e i modi del riso come del pianto, dell’euforia e della desolazione, della fragilità e della forza. Un universo da toccare. Non un giullare con il quale fingere la vita.
Le giornate forzate nell’ilarità frivola possono essere un’evasione, la leggerezza che si cerca appena fuori da qualcosa che ci ha levato il fiato o ci ha lasciato in un tunnel buio. Come quando smarriamo qualcosa di importante e per esorcizzare la sofferenza recuperiamo strategicamente le minuscole gioie, il gusto di qualche momento di brio. Tutto bene. Tanto umano direi. Ma scivola in un lampo. E’ solo un passaggio. O dovrebbe essere un passaggio. Per attraversare il fiume e trovare un’altra costa sulla quale riprendere il cammino. Senza nascondere le pene dietro vacui trionfi di baldoria inventata.
Altrimenti il rischio che si corre è grosso. Nel pantano del giullare non c’è presente e non c’è futuro. Non c’è trasporto. Non c’è la serenità che cerchi. E, soprattutto, vorrei tu capissi, manca pure l’essenza che tu credi di intravedere. La sciolta favella ti stuzzica. E ti convinci che il giullare comprima chissà quale intelligenza nella fretta con la quale si mostra sempre oberato, impossibilitato a manifestare lo splendore del suo cervello e delle sue grazie.
In verità non ha nulla da offrirti. E se lo avesse non lo offrirebbe a te. Puoi crederci.
Vedi tu. Ma non perdere troppo tempo. Potresti ritrovarti amaramente in un tunnel più nero di quello dal quale pensi di uscire.
Scritto alle 23:26 nella Tra realtà e racconto | Permalink | Commenti (5)
Turismo: una risorsa a rischio.
Non che l’Italia abbia mai brillato per politiche che lo favorissero e lo incentivassero però ora che potrebbe essere un’ancora di salvezza, una bombola di ossigeno, una soluzione a tanti mali ecco che si restringono pure i cordoni delle attrattive.
L’Italia, evviva un po’ di sano patriottismo!, ha arte, bellezze naturali e storia senza limiti, però sappiamo benissimo che il fascino italico sta anche in un certo carattere, negli usi, nella vivacità. L’Italia è moda, fantasia, amore. Lo straniero che ha sempre scelto la nostra terra per le vacanze cercava certamente il paesaggio, i monumenti, il respiro di un passato intenso e luminoso. Ma non disdegnava, mai, altre bellezze: le donne, il maschio latino, i locali trendy, la musica, la vita notturna di movimentatissime ed eccitantissime località.
Se chiudiamo le porte a tutto corriamo il rischio che le opere di italica arte se le guardino su internet e vadano a godersi le avventure estive altrove.
Ovunque, o quasi, si registrano interventi di ridimensionamento della cultura festaiola. Limiti e proibizioni per locali, discoteche e assembramenti per strada stanno drasticamente riducendo le possibilità di divertimento, di libertà, di baldoria.
La ragione pare affondare nella questione sicurezza, certamente importante.
Ma continua a sfuggirmi qualcosa, di grande e profondo…non una pagliuzza. Ordinare il grembiule a scuola, vietare la vendita di alcolici dopo una certa ora della sera e così via in una serie articolata e multiforme di provvedimenti dovrebbe inquadrarsi nella logica di un giro di vite ai costumi, di un’azione di “educazione”. Come se si ravvedesse, a buoi scappati, l’esigenza di blindare la stalla.
I miei studi mi inducono a grande scetticismo sulla concreta e autentica efficacia del proibizionismo o delle regole calate dall’alto tout court. Ma sui miei dubbi possiamo serenamente soprassedere.
Il punto è che non trovo il bandolo della matassa. In un contesto di sbando perché, parliamoci chiaro, lo sbando c’è ed è grosso e preoccupante le singole misure appaiono slegate e non rafforzate da una riflessione approfondita e onesta su cause, sviluppi, possibili interazioni e giuste vie da imboccare per raddrizzare o invertire la rotta.
Vogliamo ordine e tranquillità. Città controllate, violenza contenuta, crimini perseguiti, atti di prevenzione, programmi di largo respiro per la serena esistenza di tutti. Più o meno mi pare di poter interpretare questo.
E allora tutto ciò sembra dover passare da un severo taglio delle “trasgressioni”, e consentitemi le virgolette! L’alcol fa male, la prostituzione e il sesso non si devono vedere, i ragazzi devono tornare a morigerate abitudini. Via i luoghi di perdizione (accidenti, non linciatemi, non sono io a pensarlo!) come le discoteche, i pub, i bar. Chiudiamoli al calar del sole. Dopo di che tutti a fare la nanna. O a fare party con droga e giochi dei corpi in luoghi chiusi. Occhio non vede cuore non duole.
Sinceramente, non voglio dilungarmi troppo quindi non spiego le ragioni, sento che una certa atmosfera era veramente arrivata ad un punto perverso e rischioso, sporco e assurdo. Ecco, soprattutto assurdo. Non mi piace passare per moralista perché non lo sono ma ho buoni motivi per sapere che non è tutto male quello che sembra un cattivo colpo alla schiena. Però…Però c’è un limite. Intanto dovremmo capire. Qualcuno ci dovrebbe spiegare dove stiamo andando, come e con quali prospettive.
E poi c’è il senso di quel pezzetto di gioia, pure sciocca ma tanto umana, che se viene toccato e calpestato sono dolori seri! Insomma la vita è dura, non priviamoci di quel poco che ci piace e ci regala qualche emozione, qualche risata e anche qualche marachella.
Infine c’è l’odore di ipocrisia che in questi casi non so perché si spande ovunque. Se accendiamo la tv vediamo tutto, il contrario di tutto, l’orrore, l’indecenza, lo scempio. Certi giornali battono la tv. Certe alte sfere superano l’una e gli altri con schifosa disinvoltura. E noi buoi dovremmo starcene, buonini buonini, nella stalla.
D’accordo che nella stalla, dove occhio non vede e cuore non duole, possiamo portarci sexy girl, streap man, alcol, ecstasy e chi più ne ha più ne metta. E magari ospitare anche il turista perché non resti deluso. Ma un cielo stellato con tanti single e tante famigliole che girano per le piazze, chiacchierano e brindano a questo o a quello non sarebbe più genuino, gaio e naturale?
Andrà che a forza di girare la chiave e segregarci troveremo tutti una via di fuga in qualche paradiso terrestre o trasformeremo il nostro in un territorio minato dove possono vagabondare indisturbati solo quelli che più che a sollazzarsi pensano a quali guai combinare, complici il deserto e le tenebre.
A meno che non siano in corso trasformazioni sorprendenti delle quali ancora non è dato comprendere e vedere il felice lato. Con ciò si spiegherebbero certi progetti futuristici che coinvolgono molte località….
Proseguirò a meditare e osservare. In attesa di illuminazioni.
Scritto alle 07:52 nella Costume | Permalink | Commenti (40)
La scuola non attiva i corsi di recupero, i genitori non sanno che il figlio non brilla in profitto scolastico, il ragazzo sembra sorpreso della bocciatura.
Insegnanti, genitori e ragazzi come un circuito che non c’è. Nessun collegamento, evidentemente. Ciascuno per la sua strada, senza flusso di informazioni e collaborazione. Una catena di negligenze. Così pare.
Ovviamente la verità è lì in quel piccolo spazio di strade parallele che non conosciamo e quindi sarebbe bene non esprimere giudizi frettolosi. D’altra parte viene proprio voglia di non schierarsi. E di considerare tutti un po’ colpevoli, tar incluso se non ha rilevato a chiare lettere che giunge comunque strano un percorso formativo forzato al massimo perché tenda alla promozione.
Spiego il mio parere. Una carenza in una materia merita di essere affrontata in quanto è comprensibile. L’insufficienza in molte materie più che una difficoltà sembra il risultato di un’applicazione assolutamente inadeguata. Insomma non possiamo pensare che andare a scuola significhi passare l’anno liscio come l’olio. Bisogna studiare, credo!
E’ vero che il tar se c’è un obbligo normativo ai corsi di recupero deve pronunciarsi contro l’inefficienza della scuola. Ma siamo alle solite. In Italia si ragiona con il senno del poi e si fanno congetture pure sulle ipotesi. Se avesse frequentato i corsi di recupero avrebbe potuto, teoricamente, evitare la bocciatura. Avrebbe potuto. Forse. Magari. E in un sistema di garantismo pieno è assurdo non ribadirlo a colpi di sentenza. Non è che un ragazzo può pagare con un anno di scuola se l’istituto non ha fatto il suo dovere.
D’altra parte se i professori non ci piacciono più perché si siedono sull’andazzo generale e non tengono più in mano le redini di educazione e istruzione ci chiederemo anche, se fioccheranno i ricorsi al tar per analoghe ragioni, perché delegittimare il giudizio del collegio docenti sui ragazzi.
Il gatto si morde sempre la coda.
I genitori non hanno avuto colloqui con gli insegnanti durante l’anno?
Neanche il ragazzo sapeva che voti aveva?
Ma questa è una realtà da capogiro, andiamo! Tutti innocenti o tutti da condannare. Una miscela micidiale di assurdità.
Personalmente, ripeto, in linea generale, sono per il sostegno contenuto, mirato oserei dire. Una o due materie al massimo possono porre la scuola in dovere di mettere in campo qualche forza a sostegno dello studente. Di più non ha senso, credo. Non si regge una formazione di studi a suon di recuperi. Perché domani quel diploma dovrebbe avere un senso ma potrebbe non averlo se ogni risultato è frutto di qualche spinta, accidenti. Non avevi voglia di studiare nel primo quadrimestre? Non importa dai, mamma scuola è qui a offrirti mille possibilità per rimetterti in piedi e strappare un buon esito finale!
E gli altri? Anche loro andrebbero considerati. Come si sentono quelli che sgobbano sui libri dal primo all’ultimo giorno di scuola? Bravi perché saranno preparati, non devono badare al fatto che formalmente stanno al livello degli sbandati poi promossi ugualmente. Ma questa è la consolazione alla quale ci aggrappiamo! Il ragazzo che studia non meriterebbe più carote del lavativo?
Ed è così che abbiamo le idee sempre più confuse. La scuola funziona o non funziona, i ragazzi hanno il diritto allo studio e non il dovere allo studio, i genitori possono non sapere se il figlio è zeppo di lacune ma hanno le porte aperte al tar. A me davvero viene voglia di bocciare tutti, senza troppi approfondimenti. Sommaria e grossolana giustizia. Tanto sarebbe assai meno dannosa di quella che circola. Dove a forza di toppe si rimette a nuovo tutto. Perché anche un esamone che riveda la posizione di un ragazzo dopo qualche veloce recupero magari sul filo della full immersion di un mese è comunque una toppa.
O c’era errore di valutazione, macroscopico errore di valutazione. E quindi non sarebbero mancati i corsi di recupero ma la professionalità tout court degli insegnanti. O quello studente ha bisogno di rifare l’anno. Andiamo, è così. Non stiamo sempre a coprirci con la coperta corta!
Forse dovremmo iscriverci tutti ad un corso di recupero. Della ragione.
Scritto alle 08:13 nella Costume, Scuola | Permalink | Commenti (20)
Scarsi motivi per stare allegri nel sibilo sinistro di una crisi che si fa proprio nera e in un susseguirsi di notizie che levano il fiato. Qualche volta sfogliando un giornale hai l’impressione che disastro economico, escalation di violenze, drammi da catastrofi naturali viaggino insieme in un perverso abbraccio.
Ma è agosto, signori. E per quanto non si plachino ansie, tormenti e affanni c’è qualcosa nell’aria che esercita l’effetto ovatta. Tutto si attutisce. Il sole forse spossa e tutti gridano meno o si prendono proprio una pausa dalla vita ordinaria.
Si nota ovunque. In tv, per strada, tra i blog.
Chi parte “stacca la spina” con un’espressione che la dice già lunga…Chi resta scivola spesso in uno stato di trance. La stanchezza bussa alla spalla e impone un po’ di riposo, sicuramente. Fisico e mentale. Ma è anche la dannazione delle convenzioni…è agosto!
Tutto rallenta o si addormenta e la pratica del rinvio è più forte di ogni spinta saggiamente contraria.
La calura fa la sua parte, è vero. Viene in mente la classica immagine della siesta inevitabile. Il sudore si appiccica addosso, la mente fatica a correre, intorno la smania da ferie contagia e induce al dolce far niente. Sono solo i problemi a non conoscere tregue. Quelli si incollano sulla pelle più del sudore e della tintarella, non conoscono le abitudini vacanziere, non hanno pietà dell’umanità già provata da undici mesi di rocambolesche avventure.
E la signora Lia si chiede quale sogno si insegua in una notte di agosto con il ventilatore che rimescola l’aria, la calma un po’ piatta respirata durante il giorno, il corpo non infagottato nei vestiti, l’agenda che non prevede grandi appuntamenti. E il problema che ronza implacabile, come una zanzara che non molla la preda fino a quando non l’ha siringata. Un sonno incerto, sospeso. Una sensazione di fiato trattenuto. Un tentativo talvolta maldestro di stordirsi di divertimenti. Aspettando settembre…
Più che un sogno può essere un incubo. Afa e torpore mentre dentro hai il solito groviglio irrisolto di ostacoli e pene. Un piccolo inferno, insomma.
E là sul palcoscenico improvvisato di un’estate da festeggiare tutti ballano, bevono, ridono. Quasi fosse scampato il tempo delle oppressioni. Tutti impegnati a fare di agosto virtù. Che più ti intontisce questa idea meglio è…
Il passo trascinato nell’infradito, perché comunque sia è agosto, sembra la resa al vigore delle forze ma è impossibile muoversi diversamente. I programmi sono interrotti, i sensi tartassati da incombenze e preoccupazioni devono godere il doveroso congedo.
Non è vero, la realtà torna puntuale al mattino con il pugno feroce alla bocca dello stomaco. Ma puoi sempre sospirare che via la luce tornerà il sogno d’agosto. In una notte spalmata tra i riti euforici della baldoria di una musica che detta il tempo della libertà.
Illusione o verità. La signora Lia non sa se è bene o male. Ma nella sete d’agosto una birra porta via le riflessioni. Forse.
Scritto alle 09:11 nella Costume | Permalink | Commenti (7)
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