In questa Italia dove le fasce deboli sono il cavallo di battaglia dei programmi di destra e sinistra i risultati sono francamente sconcertanti. In un Paese dove specie in certe aree geografiche l’invalidità è stata dispensata a pioggia come sussidio di scambio di un bel serbatoio di voti capita normalmente che un invalido vero debba lottare per essere riconosciuto tale, che un malato oltre al danno della malattia riceva la beffa di esser considerato sano.
E’ agghiacciante che la vecchia zeppa di acciacchi e praticamente cieca intraveda un due nelle dita sbattute sotto il suo naso da una commissione di esperti e per questo se ne torni a casa senza assistenza. Ma succede. Perché si infila la retromarcia per pararsi dal rinculo pesante di tanti cittadini in seria difficoltà, salvo poi ovviamente avere ancora la mano generosa con chi ha la spinta giusta, magari.
Le casse piangono, sono in troppi ad avere i requisiti per ottenere aiuto e allora la selezione diventa dura, durissima. Feroce.
Quando poi si scoprono le cifre, restiamo nuovamente allibiti. Pensioni o indennità che non consentono di campare. L’invalido conserva la sua dignità, certo. Ma non una vita decorosa, con quelle provvidenze da miseria…
E’ troppo gravoso per la società rispettare chi non è fortunato. La legge della giungla, insomma. Sopravvive chi è più forte, chi ha i mezzi per mettersi in salvo.
Io confido, spero, mi auguro. In definitiva questo è il punto. Ci mettiamo nelle mani di chi deciderà, auspicando abbia un cuore grande. Ma in fondo è lì per mestiere, ricopre un ruolo, si adegua alle regole. Vede centinaia, migliaia di volte il dolore e la necessità. Lo vede per categorie, codici, punti. Si inventa un tranello da tendere per smascherare l’impostore che simula un male che non ha o che ingigantisce una menomazione. Ascolta due parole due ed emette il verdetto. Non ha tempo, non conosce quella persona nella sua fatica di ogni giorno. Non deve sapere se ci sono cari a casa che possono alleviarne le pene o viceversa ne sopportano già molte. Non ha colpe, in un certo senso.
Chissà forse la sera quando smette di lavorare ripensa con tristezza a quelle angoscianti storie di disagio ma il giorno dopo si rimette i panni dell’ufficio, freddi e distaccati. Anche lui in qualche modo deve pur superare quello stress emotivo, l’umano coinvolgimento non può prendere il sopravvento…
Finisce che “incroci le dita” perché ti possa capitare che un famigliare o un conoscente, “meritevoli”, ricevano le giuste approvazioni, incontrino un esame attento e corrette valutazioni. Finisce che ti ritrovi a spiegare queste ansie a qualcuno che sembra quasi non ascoltarti, assorto com’è nelle procedure. Come se la storia di un uomo e della sofferenza naufragasse nelle carte, nelle parole. Un termine corrisponde a un grado di salute o di malattia, a una percentuale, a un numerino che fa o non fa la differenza, che ti spalanca le porte di qualche sostegno o te le nega.
Termini che poi, alla prova dei fatti, si dimostrano labili e discutibili: un medico fa una diagnosi e constata la realtà che ne segue, un altro giudica diversamente e attenua il colpo come se il primo avesse volutamente calcato la mano o fosse stato indulgente…Come se rilevare una patologia invalidante e una situazione di grave problematicità fosse atto di bontà o di scorrettezza.
Certo, la manica larga ha creato buchi vistosi, ha indignato, ha pescato soldi ingiustamente da tutti. Ma non si sa come il polsino si stringe quando non è il caso, sul braccio che duole davvero, nelle occasioni che avrebbero diritto ad attenzioni prodighe.
Capita anche però che trovi una mano tesa o almeno un sorriso da chi proprio non ti aspettavi pazienza e comprensione, visto che ne ha già profuse in abbondanza. Capita che lì incontri esseri umani che capiscono o ci provano, che vogliono come te una soluzione moralmente accettabile. E questo almeno è ventata d’aria buona…
Con questo calore, riesci ad attendere gli sviluppi con un briciolo di serenità in più.
Ce ne sarebbero di cose da dire ...
Solo una piccola precisazione: gli invalidi non sono nemmeno entrati nelle promesse elettorali di nessun partito alle ultime politiche. Figurati come possono essere considerati con fatti concreti, visto che non sono nemmeno "degni" di promesse!
Scritto da: Gian Contardo | 14/12/07 a 10:36
off topic
bene
hai pubblicato alle 10.00, ovvero dopo che un tizio è entrato nel mio blog digitando "irene spagnuolo novara incidente".
quindi stai bene, quindi quello non cercava informazioni su un incidente capitato a te
sono tranquillo, ora
ciao irene!
Scritto da: giac | 14/12/07 a 10:59
Giac accipicchia! Nessun incidente per fortuna...
ma che strana ricerca, mi mette un pò in ansia...
Gian ma quando si parla di solidarietà sociale, di sostegno alle famiglie, di politica sociale, di fasce deboli e via discorrendo con infinite etichette, gli invalidi si sentono tirati in ballo non credi ?
E' un argomento lungo e complesso, lo so. Ma se non ne parliamo commettiamo un errore fatale: quello che il vuoto e l'orrore siano in qualche modo un "fatto inevitabile"...Eh no!!!
Scritto da: irenespagnuolo | 14/12/07 a 11:11
E' questo il guaio, Irene. Pochi ne parlano.
Pensa: in occasione della finanziaria, le associazioni degli invalidi hanno inviato A CIASCUNO DEI 945 PARLAMENTARI ELETTI una lettera con cui si richiedevano provvedimenti per questa fascia di cittadini disagiati.
Or bene, SOLO UN PARLAMENTARE HA RISPOSTO, francamente non so cosa.
E' questa la classe politica con cui tuttti i cittadini si devono confrontare.
P.S. Il mancato adeguamento delle pensioni degli invalidi (240 euro al mese) viene "motivato" con esigenze di bilancio. Col risultato che molti, che non riescono a sopravvivere, devono farsi ricoverare in istituto. Rifletti: una persona ricoverata costa allo Stato 150 euro al giorno. Pensa a quanti soldi risparmierebbe lo Stato se desse a questa persona il necessario per farsi assistere a domicilio. Quindi, che non accampino "scuse finanziarie".
Scritto da: Gian Contardo | 14/12/07 a 12:10
Cara Irene, sensibile ed attenta. Come vedi ogni volta che tu o altri persone hanno l'impulso di scrivere un post, ne viene fuori un post su un disastro o sociale, o morale o economico. Non dico certo che sia pessimismo. E' solo che questo paese sta precipitando nell'abisso e la sua gente inforca occhiali nerissimi e non vuole vedere più nulla. Si accorge solo di ciò che la tocca nelle tasche, pronta ad ascoltare senza vedere ogni "sirena" che promette miracoli impossibili.
Scritto da: luigi | 14/12/07 a 12:51
Un parente di mia madre è malato da mesi. L'ultima diagnosi gli nega anche il Natale. Questa settimana, nelle sue condizioni, ha dovuto fare 25 chilometri per recarsi alla visita per ottenere l'accompagnamento. Non so il verdetto, ma se anche positivo, è leggermente tardivo, mi pare.
Che infinita tristezza...
Ciao. Ste.
Scritto da: Ste | 14/12/07 a 18:24
«E’ troppo gravoso per la società rispettare chi non è fortunato. La legge della giungla, insomma. Sopravvive chi è più forte, chi ha i mezzi per mettersi in salvo.»
o chi ha la subdola capacità di prevaricare il prossimo, è terribilmente vero ciò che scrivi... e interessa tutti noi :(
un abbraccio, quasi natalizio
anecòico
Scritto da: anecòico | 14/12/07 a 22:31
La società ci vuole perfette, prive di difetti, perchè soprattutto noi donne siamo consumatori da sedurre e la seduzione non è una pratica moralmente accettabile per il marketing disabile. Ma le persone con problemi esistono davvero, e devono fare i conti con i problemi di tutti moltiplicati per quelli loro. Hai detto bene, per la società è gravoso impegnarsi per chi non è fortunato, il meno fortunato non è desiderabile, scartiamolo allora. E questo vale per i poveri, per i malati gravi non autosufficenti, per gli immigrati senza casa e lavoro, per gli zingari, per i disoccupati da lungo tempo, per i subordinati precari da spremere. E' la nostra società che non è più in grado di rispettare ciò che la modernità ci aveva promesso, la soluzione di tutti i problemi. Oggi non c'è posto per tutti e se non vale la pena spendere in welfare per chi non ce la fa da solo pazienza. Ciao Irene, Mony corre
Scritto da: monycorre | 15/12/07 a 20:30
Tutto vero quello che dite, questo e tanto altro ancora.Vorrei non aggiungere tristezza, quindi taccio.
Ma la nozione di 'diritto', diritto del cittadino, è davvero diventata un optional?E l'Italia è davvero irrimediabilmente persa?Due anni fa sono stata in Francia, e,nonostante tutti i problemi enormi, mi pareva che il rapporto cittadino-stato, in fatto di tutela delle fasce deboli,là fosse una realtà.
Forse, potendo, dovremmo andarcene dall'Italia?
Scritto da: Anna Rosa Balducci | 15/12/07 a 21:53
quante battaglie in tribunale per fare avere l'accompagnamento a chi ne ha bisogno......
Scritto da: uomodellastrada | 15/12/07 a 22:39
Tutto il disagio che avvertiamo è il segno che molti di noi subiscono un sistema che non sentono giusto, siamo delusi arrabbiati sconcertati...
Non ci resta che cercare di non adeguarci, sostenere sempre con forza il nostro bisogno di una società diversa. Non è una soluzione ma un passo per non accettare in silenzio, per lanciare un grido, per dare voce a chi non ne ha. Per sperare che possa cambiare qualcosa dobbiamo provare a chiederlo, a proporre, a protestare...
Per questo scriviamo e ci confrontiamo su questi argomenti no ?
Grazie a tutti : ciao mony, anna rosa, ste, anec, luigi, uomo della strada, gian!
Scritto da: irenespagnuolo | 16/12/07 a 10:19