Il pensiero può volare ai bisogni fisiologici impellenti che ci fanno cercare disperatamente un bagno o alla foga impetuosa dell’attrazione fatale cinematografica o non…e può anche andare alla irrefrenabile bevuta a garganella quando la sete ci ha letteralmente seccato la gola o al morso vorace quando la fame ha superato i livelli di guardia o alla grattata forsennata quando siamo colti da un prurito insopportabile.
L’estrema occorrenza è un fremito che conosciamo bene tutti e che possiamo appunto associare a diversi stimoli. Rientra nella umana, comune esperienza.
Ci sono invece urgenze corporali patologiche. E ci sono “urgenze” che trovano nel corpo espressione.
Infliggersi lesioni corporali, incisioni, scorticature, bruciature e ferite di ogni tipo, è un modo per punirsi, per gridare il dolore, per esorcizzare altre sofferenze, per denunciare un disagio sociale o per liberarsi da un’angoscia insostenibile. E può anche essere un modo per “esistere”, per dichiarare un pensiero o un’appartenenza, per sperimentare, per esplorare profondamente il sé. Spesso per gli adolescenti il desiderio di farsi male nasce dal disagio di non riconoscere ed accettare il proprio corpo. Altre volte invece, scelte lievi come il tatuaggio e il piercing o più incisive come il branding e il cutting, sono riti di conquista o di iniziazione, segni distintivi di un gruppo, forme di ribellione o dichiarazioni di “coraggio”.
In carcere, dove il corpo è la risorsa che il detenuto ha ancora per sentirsi, per appartenersi, l’autolesionismo oltre a rappresentare una forma di protesta di forte impatto è spesso un gesto disperato per assaporare e provare il minimo di libertà e di autonomia personale che resta, per presentarsi come individui e non solo come carcerati.
A queste urgenze corporali come risposta ad un disturbo, ad un malessere psicologico o ancora alla voglia di affermare qualcosa e di affermarsi (controllare il proprio corpo, esserci, crearsi o rafforzare un’identità) che comunque utilizza la deformazione, la mutilazione o la ferita dell’aspetto esteriore e dell’immagine per comunicare rabbia, difficoltà, sofferenza, si affianca l’uso del corpo “culturale” come spazio di espressione, come linguaggio, come azione simbolica. Le lesioni corporali praticate dagli artisti della body art infatti si pongono come provocazioni : rispondono ad una esigenza di critica sociale, mettono in discussione il tipo di approccio corrente a valori come la morte, l’identità sessuale o il dolore.
In tutti questi casi l’urgenza del male in qualche modo, sottilmente, scaccia o combatte un male più grande. Il bisogno di segnare, scalfire, tagliare il corpo è urgente e irresistibile come le umane, consuete, naturali necessità. Ma qui il corpo diventa strumento. Il corpo è lo spazio per esistere, per far vedere qualcosa al mondo, per sollecitare l’attenzione, per sentirsi e uscire allo scoperto, per cercare una dimensione diversa.
David Le Breton, antropologo, ha studiato molto le tracce del corpo come dolore degli esseri umani, come percorso del sé, come lotta al male di vivere.
Il viaggio nelle variegatissime espressioni e pratiche della “ferita” come umana urgenza fa pensare a quanto il corpo, in qualsiasi epoca e a qualsiasi latitudine, sia sempre oggetto di interventi e di trasformazioni e sia quindi campo e modo per rivelare una storia individuale o di gruppo. La “visibilità” del corpo, la sua plasmabilità e modellabilità ha scritto e scrive la storia dell’uomo. Certo dal trucco, dal ritocco e dalle cure estetiche alla lesione che procura dolore o che sfregia sembra correre un abisso. Eppure il filo del “gioco” su se stessi e sulla propria pelle è tutto pervaso da un senso profondo e acutamente interessante. In un certo senso suscita “l’urgenza corporale” di approfondire l’argomento…
Dalla drammaticità di gesti estremi, che rivelano probabilmente una pena enorme, alla bizzarria gioiosa di certi corpi dipinti che raccontano o interpretano storie, culture, credenze ci troviamo comunque un corpo da "leggere", un corpo che lancia messaggi, un corpo che espone quello che altrimenti rimarebbe ingabbiato tra cervello e cuore.
Adesso le urgenze corporali alle quali il pensiero è simpaticamente volato all'inizio sembrano altro. O una banale introduzione, forzata e pure un pò fuori tema. Invece il collante è l'urgenza. E il corpo che si mostra, il corpo specchio dell'anima, il corpo che agisce misura l'intensità delle pulsioni e rende evidenti gli stati emotivi.
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