C’è una ragione per tutto. Per lo slancio umano, per l’apertura intellettuale, per il pregiudizio, pure per il razzismo.
Ma tralasciamo le posizioni, le inclinazioni, le spiegazioni culturali o i riferimenti ideologici. E fermiamoci solo ad osservare la nostra condizione, le nostre incertezze, i nebbiosi orizzonti. Gli attriti, le violenze, le distanze sono esacerbate dalla crisi, economica e sociale, esattamente come la crisi, economica e sociale, amplifica gli attriti, le violenze, le distanze. E’ una spirale estremamente pericolosa.
Non è una questione politica, accidenti. All’Italia manca una rivoluzione civile, non mi stancherò mai di ripeterlo. Non abbiamo spirito di popolo, non abbiamo una patria nel cuore. E questa, comunque la pensiate, è una tragedia.
Cile, Cile, forza Cile, evviva! Uniti intorno alla bandiera e alla terra.
Dobbiamo far nascere questo amore altrimenti moriremo…
Inutile predicare agli extracomunitari che l’integrazione passa attraverso il rispetto del nostro sistema, delle nostre regole, dei nostri riferimenti perché razzoliamo peggio di loro. Non conosciamo dedizione, rigore, orgoglio. Siamo furbacchioni menefreghisti e sbandati. E diamo prova di pessima intelligenza strategica. Badiamo all’orticello e al breve termine, due orribili limiti che ostacolano qualsiasi sviluppo.
A me non interessa prendere parte alle polemiche, schierarmi, disquisire sulla sostenibilità di certe motivazioni o di altre. Per me contano il presente e un minimo di sostenibilità della speranza di futuro. E per questo trovo urgente una riflessione profonda. Un atto di amore, di stima, di riconoscenza per la nostra tradizione, per i nostri paesaggi, per la nostra poesia, per le nostre ricchezze. Qualcosa che renda Patria questo Paese che quasi si stenta a scrivere con la P maiuscola. Qualcosa che calamiti chiunque varchi il confine affinché porga attenzione, onestà, disciplina. Qualcosa che crei un’intensa partecipazione emotiva ai problemi, agli obiettivi, ai tesori di questa Italia. Qualcosa che le regali, giorno dopo giorno, volontà su volontà, un’identità.
Perché qualcuno possa recepire i nostri principi dobbiamo innanzi tutto essere certi di averli e di manifestarli…Perché qualcuno possa portare doveroso o gioioso ossequio ai nostri valori dobbiamo stringerli in pugno, farli camminare con noi, averli nello sguardo.
Cile, Cile, forza Cile, evviva!
Quanta commozione…
Vorrei avere una Patria nella quale tutti credono e per la quale tutti lavorano.
Corruzione, tradimenti, incapacità, leggerezze ci hanno travolti. E la colpa è di tutti.
Ci ubriachiamo solo di parole, di scaricabarile, di spallucce, di stupidità. Scansiamo l’impegno, giochiamo a dadi la dignità, tiriamo a campare. Non siamo diligenti, prudenti, lungimiranti. Anzi, quasi ci vantiamo dell’arte dello slalom e della sopravvivenza. Siamo sgradevoli, ammettiamolo.
E non possiamo pretendere di insegnare quello che non sappiamo e non pratichiamo, suvvia! Non siamo mai stati in grado di venderci bene, di fare bella figura, di guadagnare ammirazione e deferenza. Riusciamo a piacere solo il tempo di un lampo, per fantasia e bellezza forse. Poi franiamo, miseramente.
Abbiamo un patrimonio naturale, storico, artistico, turistico che ci ha salvato dall’assenza di saggezza. Ma ora non basta più quello che abbiamo. Dobbiamo essere. Urge una Patria nella quale ritrovarsi e ripartire.
Non importa se la volete federalista, basta che sia una Patria. Autentica.
E, ribadisco, la questione non è politica. Ma umana, civile, sociale, culturale.
Se furbacchioni siamo dimostriamolo almeno in modo più collettivo, strutturale e di ampio respiro temporale!
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